L’automobilista che tampona una bicicletta non può addurre a sua scusante il fatto che l’andatura del ciclista non fosse esattamente “rettilinea” perché quella del velocipede è necessariamente caratterizzata da un “moto oscillatorio” e quindi il fatto che possa avere degli “scarti” laterali è naturale e non si pone in alcun modo come fattore eccezionale e imprevedibile.
A riafferma con forza questo concetto la Cassazione con la sentenza n. 40072/22 depositata il 24 ottobre 2022, con la quale ha confermato definitivamente la condanna per omicidio stradale del conducente di un’auto che aveva appunto investito e ucciso un ciclista.
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Automobilista condannato per omicidio stradale per aver tamponato e ucciso un ciclista
Con sentenza del febbraio 2021 la Corte d’Appello di Palermo aveva confermato nella sostanza, riformandola parzialmente sono per quanto attiene il trattamento sanzionatorio, la sentenza con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Agrigento, il 28 ottobre 2019, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato un automobilista per il reato di omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza, per aver investito e ucciso un ciclista a Campobello di Licata il 23 agosto 2017.
Il tragico incidente si era verificato sulla strada statale n. 557, nella direzione di marcia da Ravanusa a Campobello di Licata, poco dopo le 8 di sera: l’imputato era alla guida di una Peugeot 206, mentre la vittima precedeva la vettura in sella a una mountain bike, nello stesso senso di marcia. Nel giudizio di merito, attraverso gli elementi probatori disponibili, i giudici avevano ritenuto che la responsabilità dell’accaduto ricadesse esclusivamente sull’imputato, che (versando, tra l’altro, come detto, in stato di ebbrezza) aveva tamponato la bicicletta, per non avere mantenuto una velocità adeguata allo stato dei luoghi e non avere osservato la corretta distanza dal mezzo che lo precedeva.
In particolare, il punto fondamentale, era stato escluso che il ciclista stesse eseguendo un’improvvisa manovra di svolta a sinistra, come invece asseriva la difesa dell’automobilista, e che avesse violato l’obbligo di indossare il casco (non obbligatorio) e il giubbotto o le bretelle retroriflettenti (non ancora obbligatori a quell’ora). Ragion per cui anche in appello era stata confermata l’esclusiva responsabilità dell’accaduto in capo all’imputato, a cui erano state unicamente concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti.
L’andatura “non rettilinea” dei velocipedi è prevedibile
L’imputato tuttavia ha ricorso anche per Cassazione, insistendo con la tesi che l’incidente si sarebbe verificato mentre la vittima stava eseguendo una manovra di improvvisa svolta a sinistra: per questa ragione egli non sarebbe quindi riuscito ad arrestare il proprio mezzo e a evitare l’impatto con il velocipede. Circostanza che lo stesso consulente tecnico nominato dalla Procura non sarebbe stato in grado di escludere, il che avrebbe posto un ragionevole dubbio sull’esatta dinamica dell’incidente e sulla sua responsabilità.
Per la Suprema Corte tuttavia il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. La Cassazione rammenta come la questione sollevata dal ricorrente fosse stata ampiamente sviscerata sia nella sentenza di primo grado, sia in quella di appello, sulla scorta della puntuale ricostruzione operata attraverso il materiale probatorio e i chiarimenti forniti dal perito, “che ha condotto i giudici di merito – essenzialmente sulla base delle modalità dell’urto ricostruite attraverso i danni riportati dai mezzi – a ravvisare nell’occorso un’ipotesi di tamponamento privo di angolazione” spiegano gli Ermellini, aggiungendo un’altra considerazione importante: “peraltro, quand’anche si fosse ritenuto che l’andatura del velocipede non era rettilinea, tale eventualità, come correttamente osservato dalla Corte di merito, non si porrebbe in alcun modo come fattore eccezionale e imprevedibile, interruttivo del nesso eziologico, stante il fatto che l’andatura dei velocipedi é necessariamente caratterizzata da un moto oscillatorio. Ne deriva che a maggior ragione era obbligo dell’imputato mantenere, nell’occorso, le distanze e procedere a una velocità adeguata, con conseguente rilevanza eziologica della violazione degli articoli 140, 141 e 149 del codice della strada sul verificarsi dell’incidente”.
Dunque, ricorso respinto e condanna confermata.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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