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Ma anche se si oltrepassa di mezzo centimetro la linea d’arresto al semaforo, quando è rosso, si viene multati? Secondo la Cassazione, sì: ai fini della sanzione, la “invisa” striscia è determinante e il suo superamento, anche minimo, fa scattare il verbale. E a nulla importa la direzione del conducente.

Così sancendo, la Suprema Corte, con una recente ordinanza, la n. 9276/2018, ha rigettato il ricorso di un automobilista contro la sentenza del tribunale di Como, che a sua volta aveva confermato la decisione del giudice di pace di rigetto dell’opposizione contro l’ingiunzione emessa nei suoi confronti “per violazione dell’art. 41 comma 11 e 146 cds per avere attraversato l’incrocio con semaforo proiettante luce rossa“.

L’uomo si era appellato alla Cassazione lamentando, tra l’altro, la violazione dell’art. 41 comma 3 del Codice della Strada in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, atteso che il giudice di appello aveva “vistosamente ignorato e violato la predetta disposizione tanto da non riuscire neppure a menzionarla in motivazione“, nonché la circostanza che “le segnalazioni del semaforo non vietavano la marcia in senso rettilineo ma solo la prosecuzione della direzione indicata dalla freccia (vale a dire la svolta a sinistra)”.

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è infondato. Quanto al primo punto, scrive la Cassazione, l’art. 41 comma 11 CDS prescrive testualmente “che durante il periodo di accensione della luce rossa, i veicoli non devono superare la striscia di arresto“, per cui il legislatore considera in infrazione il veicolo che oltrepassa tale limite e il tribunale ha dato peso all’avvenuto “superamento della linea di arresto”, a nulla rilevando la mancanza di un formale richiamo al relativo articolo di legge. Inoltre, per quanto concerne il secondo motivo, affermano i giudici, l’art. 141 CDS al comma 3 prevede la sanzione amministrativa per “il conducente del veicolo che prosegue la marcia, nonostante che le segnalazioni del semaforo o dell’agente del traffico vietino la marcia stessa“. Nel caso in esame, il problema era il superamento della linea di arresto e non certo la direzione successivamente imboccata dal conducente. Non regge, secondo i giudici, neanche la denuncia dell’omesso esame della circostanza che la segnaletica orizzontale fosse invisibile e che, a detta del ricorrente, l’avrebbe indotto ad incolonnarsi nella corsia di svolta a sinistra. Per la Suprema Corte, infatti, i fatti decisivi sono l’esistenza di un semaforo rosso e la corrispondente linea di arresto non rispettata, ed entrambi “sono adeguatamente stati esaminati dal giudice di appello e le conclusioni a cui è pervenuto non sono qui censurabili, anche se non gradite al ricorrente“.

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Dott. Nicola De Rossi

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