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Non rileva il fatto che il pedone abbia attraversato l’incrocio con il semaforo rosso: perché il conducente del veicolo possa andare esente da colpe, la condotta della vittima deve essere stata del tutto abnorme e imprevedibile e inoltre l’investitore deve aver rispettato tutte le norme del Codice della strada, a partire dai limiti di velocità, e dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitarlo, viceversa risponderà delle conseguenze.

Con la sentenza n. 12336/24 depositata il 26 marzo 2024 la Cassazione, quarta sezione penale, ha confermato ancora una volta la massima tutela che va garantita all’utente debole della strada per eccellenza e l’attenzione particolare che deve essere riservata a chi procede a piedi da parte di chi guida, che deve essere pronto a intervenire anche in caso di negligenze e imprudenze.

Automobilista condannato per aver investito e ucciso un pedone che attraversava la strada

La Suprema Corte si è occupata dell’ennesimo caso tragico, un incidente mortale costato la vita, il 7 marzo 2017, a Legnano, a un pensionato di 78 anni, per il quale era stato condannato per omicidio stradale l’automobilista che lo aveva investito: il tribunale di Busto Arsizio lo aveva ritenuto penalmente responsabile, e lo stesso aveva fatto la Corte d’appello di Milano, anche se i giudici di secondo grado avevano sensibilmente diminuito la condanna, riducendo la pena base dai due anni e mezzo stabilita in primo grado a due anni, poi ulteriormente erosi con l’applicazione di tutte le attenuanti fino ad arrivare a una condanna finale a otto mesi.

La vittima aveva attraversato con il rosso ma l’investitore correva oltre i limiti

Secondo quanto accertato, l’imputato, alla guida di una Fiat Bravo, procedeva a una velocità superiore a limite di 50 km/h consentito in quel tratto di strada e, giunto ai pressi di un attraversamento pedonale regolato da semaforo, aveva investito il pedone che stava attraversando la carreggiata procedendo da destra verso sinistra rispetto alla direzione di marcia della vettura, benché il semaforo pedonale proiettasse la luce rossa. L’urto era avvenuto tra la parte anteriore angolare sinistra dell’auto e gli arti inferiori del pedone, che era stato caricato sulla parte laterale sinistra del veicolo, aveva urtato contro il parabrezza ed era stato sbalzato sul manto stradale riportando lesioni gravissime che ne avevano causato il decesso.

 

L’imputato ricorre in Cassazione ascrivendo ogni colpa alla condotta “imprevedibile” del pedone

Nonostante la riduzione di pena in appello, tuttavia, l’imputato ha proposto ricorso anche in Cassazione lamentando il fatto che la Corte d’appello, pur a fronte del riconoscimento del concorso di colpa del pedone (che, come detto, aveva attraversato anche se il semaforo pedonale proiettava luce rossa) e della incertezza sulla velocità mantenuta dal veicolo, che il perito nominato dal Tribunale aveva determinato in 76 km/h con “ragionamento ipotetico”, non avrebbe fornito adeguata motivazione in ordine alla sua possibilità di prevedere ed evitare l’investimento, che, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato ascrivibile esclusivamente al comportamento imprudente e imprevedibile del pedone.

Ma la Suprema Corte ha respinto le doglianze condividendo appieno la sentenza e la ricostruzione dei fatti come operata dai giudici di merito, che hanno chiarito – hanno esordito gli Ermellini – “che l’investimento avvenne al centro della carreggiata e hanno adeguatamente motivato tale conclusione facendo riferimento ai danni riportati dalla macchina, collocati nella parte anteriore angolare sinistra, e alle dichiarazioni del teste che viaggiava in direzione opposta rispetto all’imputato e vide il pedone scendere dal marciapiede raggiungendo la seconda corsia della carreggiata opposta a quella che lui stava percorrendo”.

 

Se l’imputato avesse tenuto una velocità congrua avrebbe potuto scorgere in tempo il pedone

I giudici del Palazzaccio adducono poi un’altra circostanza emersa durante il dibattimento, e cioè che l’anziano “non correva e, poiché la strada era rettilinea e adeguatamente illuminata, l’automobilista poteva certamente avvistarlo” prosegue la Cassazione, evidenziando, ancora, come lo stesso imputato avesse ammesso “di aver proceduto a una velocità superiore a quella consentita in quel tratto di strada (pari a 50 km/h)”, e aggiungendo, soprattutto, che, dai calcoli eseguiti dal perito, era risultato che “se questi avesse mantenuto una velocità conforme ai limiti, avrebbe avvistato il pedone da una distanza di 55,6 metri, più che sufficiente ad arrestare il veicolo in tutta sicurezza prima dell’urto.

La vittima, poi, era stata investita a centro strada e non si era “buttata” all’improvviso

Alla luce di tali considerazioni i giudici di merito “avevano pertanto escluso che il pedone potesse essere apparso all’improvviso sulla strada e che l’impatto fosse inevitabile” rimarca la Suprema Corte, tornando a battere sul fatto che la Corte d’appello, “pur riconoscendo il concorso di colpa della vittima (che attraversò col rosso), hanno ritenuto che, rispettando il limite di velocità e prestando la dovuta attenzione alla strada, l’imputato avrebbe potuto evitare l’evento”.

 

Conducente non responsabile solo se la condotta del pedone è eccezionale e imprevedibile

Tutte argomentazioni, a parere degli Ermellini, “complete, non contraddittorie e non manifestamente illogiche”, e soprattutto “conformi ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità”, richiamati con forza anche nell’occasione. “In caso di investimento di un pedone – rammentano i giudici del Palazzaccio –, la responsabilità del conducente può essere esclusa solo quando la condotta della vittima si ponga come causa eccezionale e atipica, imprevista e imprevedibile, dell’evento e sia stata da sola sufficiente a produrlo. Si collocano in questa linea interpretativa le numerose decisioni secondo le quali, in caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile”.

Condizioni non ricorrevano nel caso di specie, dato che, ribadisce la Cassazione, “il pedone camminava e non correva, i suoi movimenti erano agevolmente avvistabili da (omissis) che procedeva lungo un tratto di strada rettilineo dotato di adeguata illuminazione, e l’impatto avvenne al centro della carreggiata. Muovendo da queste premesse, la Corte territoriale ha chiarito che l’ostacolo rappresentato dal pedone non era in concreto imprevedibile, non solo per la presenza dell’attraversamento pedonale (pur regolato da impianto semaforico), ma soprattutto perché, quando avvenne l’impatto, la vittima aveva attraversato quasi interamente le due corsie dalle quali è composta la semi-carreggiata che l’imputato stava percorrendo

Dunque, ricorso rigettato – compreso il motivo con cui ci si doleva anche della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per quattro mesi, e responsabilità penale dell’investitore e condanna confermate.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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