Secondo la Cassazione non si può mettere in dubbio la condanna per guida in stato di ebbrezza inflitta ad un ciclista che, dopo aver assunto alcol e cannabis, è rovinosamente caduto al suolo, creando potenziali pericoli per gli altri utenti della strada.
Di contro però, nella sentenza n. 34352, depositata il 4 agosto 2023 dalla IV sezione penale (con udienza il 23 giugno 2023), viene esclusa dagli Ermellini la sanzione accessoria consistente nella sospensione della patente di guida, poiché per muoversi in bicicletta non è necessaria alcuna abilitazione.
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Capitombolo del ciclista e segnalazione alle forze dell’ordine
Il fatto accade nella provincia di Lecce, dove un uomo è franato improvvisamente a terra dal proprio velocipede, in seguito all’assunzione di alcol e cannabis, presentando pertanto condizioni psico fisiche precarie. Un’altra persona , accortasi della vicenda, ha allertato in merito le forze dell’ordine che, dopo essere intervenute sul posto, hanno constatato l’alterazione del ciclista.
Gli accertamenti postumi hanno confermato quando addotto dalla polizia al momento del sinistro, rilevando un tasso alcolemico pari a 1,5, g/l, tre volte superiore il limite di 0,5 g/l, oltre alla positività ai cannabinoidi.
Il Tribunale, in primo grado, oltre alla condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza aveva comminato la sanziona accessoria della sospensione della patente di guida. In secondo grado però, la Corte d’appello di Lecce aveva riformato la precedente sentenza, eliminando proprio quest’ultima pena.
L’imputato propone ricorso
Il ciclista, però, ha comunque proposto ricorso in Cassazione. La Corte d’appello, innanzitutto, avrebbe a suo dire erroneamente valutato la “dinamica” del sinistro, poiché l’imputato sarebbe caduto mentre conduceva il mezzo a piedi – e non in sella ad esso – proprio poiché consapevole delle sue alterate condizioni.
Inoltre, per l’uomo, il fatto di non aver recato danni o pericoli agli altri utenti della strada, dovrebbe riconoscere la tenuità e la non punibilità del fatto, adducendo per tanto al vizio di motivazione e alla violazione di legge di cui all’art. 131 bis c.p.
Infine secondo il ricorrente la condanna non potrebbe essere applicata proprio perché si sta parlando di una bicicletta e non di un mezzo a motore. Il difensore nel testo fa riferimento proprio alla “inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S., anche in caso di conduzione di bicicletta in quanto le fattispecie penali in esame non sarebbero configurabili nell’ipotesi oggetto del giudizio, se non attraverso una applicazione analogica, vietata in materia penale”.
Ma la Cassazione ne dichiara l’inammissibilità
Il Palazzaccio, però, ha dichiarato “manifestamente infondato” il ricorso proposto. I giudici di merito hanno infatti ricostruito la dinamica, confermando quanto testimoniato dell’agente della polizia giudiziaria.
Quest’ultimo – come si legge di nuovo nel testo della sentenza – ha trovato il ciclista “a terra ferito e in stato di alterazione psicofisica, confermata dai successivi esami. Sulla scorta di tali dati – quindi – i giudici hanno ritenuto che si fosse posto alla guida della bicicletta e avesse perso il controllo a causa dello stato di alterazione psico fisica legata all’assunzione di sostanze alcoliche e stupefacenti, rilevando che la diversa ricostruzione, secondo la quale il ricorrente non era in sella alla bicicletta, ma la stava conducendo a mano, forse irragionevole e, comunque, non fosse stata neppure prospettata nell’immediatezza dal ricorrente”.
Il giudice, poi, ha dichiarato l’infondatezza del motivo secondo cui la guida in stato di ebbrezza non si condanni quando l’imputato si trovi in sella ad una bicicletta. Si legge infatti che “è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il reato di guida in stato di ebbrezza ben può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, posto che anche tale mezzo è idoneo a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale”.
La causa di non punibilità
Per quanto concerne l’ex 131 bis del codice penale circa l’esclusione della punibilità, la Corte spiega come vada tenuto conto di una valutazione complessiva sulle modalità della condotta, sul grado di colpevolezza, sull’entità del danno e del pericolo, oltre che della condotta successiva al reato.
Gli Ermellini nel caso di specie, si legge, “hanno rilevato che l’imputato si trovava in grave stato di alterazione da uso sia di bevande alcoliche, che di sostanze stupefacenti, tale da creare una situazione di serio pericolo per la circolazione stradale. La Corte, dunque, ha compiuto una valutazione della gravità della condotta coerente con la natura giuridica delle fattispecie di reato in esame, che realizzano una tutela anticipata rispetto a situazioni di potenziale pericolo per l’incolumità degli utenti della strada“.
La patente, però, non viene sospesa
A discapito di quanto affermato in primo grado sulla sospensione della patente, però, la Cassazione si è allineata con la Corte d’appello, dichiarando l’impossibilità di attuare tale pena.
Il Palazzaccio infatti ha dichiarato fermamente “l’inapplicabilità concreta delle sanzioni amministrative accessorie previste per tale reato, come, ad es., della sospensione della patente di guida, non praticabile nel caso in cui per la guida del mezzo non sia prevista abilitazione (Sez. Un., n. 12316 del 30/01/2002, Rv. 221039; Sez. 4, n. 4893 del 22/01/2015, Pastore, Rv. 262038). Nel caso di specie, la Corte, dando atto della ricorrenza di entrambe le ipotesi di reato contestate, ha revocato, in ossequio al dictum su indicato, la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida”.
Scritto da:
Dott. Andrea Biasiolo
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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