L’azione diretta proposta dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell’assicurazione per la Rc Auto è proponibile anche se preceduta da una richiesta stragiudiziale non conforme alle prescrizioni dell’articolo 148 del Codice delle assicurazioni, quando questa difformità non sia stata tale da impedire alla compagnia di stimare il danno e formulare l’offerta, e se l’assicuratore non si sia avvalso della facoltà di chiederne l’integrazione”.
E’ una sentenza di rilievo capitale per la tutela dei danneggiati nei confronti delle “tattiche” delle imprese assicurative per non risarcirli quella, la n. 32919/22, depositata dalla Cassazione, terze sezione Civile, il 9 novembre 2022.
Indice
Un’automobilista cita in causa la controparte e la sua associazione per i danni di un incidente
Il caso è quello di una automobilista che nel 2012 aveva citato in causa avanti il Giudice di Pace di Marano di Napoli il conducente del veicolo con il quale aveva avuto un sinistro stradale cinque anni prima e la compagnia di assicurazione, Allianz, chiedendo di essere risarcita per i danni patiti nell’incidente asseritamente causato dalla controparte.
Azione diretta ritenuta improponibile, la richiesta risarcitoria stragiudiziale era incompleta
Con sentenza del 2016 il giudice aveva tuttavia rigettato la domanda ritenendo che nel corso di specie dovesse applicarsi, in ragione dell’epoca in cui erano avvenuti i fatti, il testo dell’art. 148, comma 1, del Codice delle Assicurazioni precedente le modifiche introdotte dal d.l. 24.1.2012 n. 1 (convertito in legge del 24.3.2012 n. 27): tale norma stabiliva che alla richiesta scritta di risarcimento del danno che la vittima d’un sinistro stradale ha l’onere di inviare all’assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità dell’eventuale successivo giudizio risarcitorio, fosse allegato anche il modulo di denuncia di sinistro previsto dall’articolo 143 cod. ass.
Poiché, nel caso di specie, tale modulo non era stato allegato alla richiesta stragiudiziale di risarcimento, la citazione in causa andava dichiarata improponibile, ed era irrilevante, secondo la sentenza, la circostanza che la società assicuratrice, una volta ricevuta la richiesta di risarcimento priva di tale modulo, non avesse richiesto alla danneggiata l’integrazione della documentazione. La danneggiata aveva appellato la decisione, ma il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 2018, aveva rigettato il gravame condividendo le argomentazioni del giudice di pace.
La danneggiata ricorre per Cassazione che le dà ragione piena
L’automobilista tuttavia, convinta delle proprie ragioni, ha proposto ricorso anche per Cassazione, sostenendo che la condizione di proponibilità prevista dall’articolo 148 cod. ass. doveva ritenersi adempiuta anche quando il danneggiato invii una richiesta incompleta all’assicuratore, se questi non si avvalga della facoltà di chiedere l’integrazione della richiesta, prevista dal quinto comma della stessa norma. La corrente ha poi obiettato che la domanda non poteva essere dichiarata improponibile, perché il documento che non era stato allegato (la denuncia di sinistro) non impediva comunque all’assicuratore di formulare l’offerta risarcitoria.
Inoltre, sia l’assicuratore del responsabile civile, sia quello della sua stessa vettura (a cui pure la richiesta di risarcimento diretto era stata rivolta ai sensi dell’articolo 149 del codice delle assicurazioni) in sede stragiudiziale avevano rifiutato l’indennizzo adducendo quale motivazione l’uno che “l’assicurato disconosceva il fatto storico”, l’altro che “gli accertamenti esperiti non consentono di ritenere provato l’accadimento del fatto”: pertanto, nessuna delle due compagnie assicurative interpellate in sede stragiudiziale aveva mai dedotto che la mancata allegazione della denuncia di sinistro impedisse la formulazione dell’offerta.
All’epoca del fatto andava allegata alla domanda stragiudiziale la denuncia di sinistro
La Cassazione le ha dato ragione su tutta la linea. La Suprema Corte conferma come al caso di specie dovesse effettivamente applicarsi l’articolo 148 cod. ass. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla I. 24.3.2012 n. 27, entrata in vigore il 25.3.2012, “a nulla rilevando che quest’ultima norma abbia abrogato l’obbligo per il danneggiato di allegare alla richiesta di risarcimento la denuncia di sinistro prevista dall’articolo 143 dello stesso codice”. Il giudizio era stato infatti introdotto in primo grado con atto di citazione notificato il 12 marzo 2012, ragion per cui, spiegano gli Ermellini, “deve trovare applicazione il principio secondo cui l’abrogazione di una norma che prevedeva una condizione di procedibilità della domanda non fa sì che quest’ultima divenga procedibile anche se proposta in assenza di quella condizione, ma nella vigenza della norma poi abrogata che la prevedeva”.
Stabilita la norma di riferimento, gli Ermellini affrontano le due questioni tra loro connesse poste dal ricorso: la prima, stabilire quale sorte debba avere la domanda giudiziale di condanna dell’assicuratore della r.c.a. al risarcimento del danno causato da un sinistro stradale, quando la vittima abbia assolto in modo incompleto l’onere di previa richiesta scritta di cui all’articolo 145 codice delle assicurazioni; la seconda, stabilire se una richiesta stragiudiziale incompleta sia sanata dall’inerzia dell’assicuratore, che non richieda al danneggiato alcuna integrazione.
La normativa e la sua “ratio”, evitare le azioni giudiziarie
La prima questione, entra nel merito la Cassazione, va risolta nel senso che “l‘onere di cui all’art. 145 cod. ass. non può dirsi assolto, quando la richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno sia incompleta, a meno che gli elementi mancanti siano superflui. La seconda nel senso che a fronte di una richiesta risarcitoria stragiudiziale incompleta, l’assicuratore della r.c.a. ha l’onere di segnalare al danneggiato l’incompletezza e richiedere l’integrazione. Ove ciò non faccia, l’onere di cui all’art. 145 cod. ass. da parte del danneggiato dovrà ritenersi assolto”.
A questo punto la Suprema Corte spiega la ratio della normativa. La vittima di un sinistro stradale, prima di convenire in giudizio l’assicuratore del responsabile (ma la regola vale anche quando intenda convenire il proprio assicuratore, ai sensi dell’art. 149 cod. ass., oppure l’impresa designata ai sensi dell’art. 283 cod. ass., od ancora l’Uci, ai sensi dell’art. 124 cod. ass.) “ha l’onere, previsto a pena di improponibilità, di richiedergli per iscritto il risarcimento e di attendere un certo tempo (“spatium deliberandi“) stabilito dalla legge e variabile in funzione del tipo di danni di cui chiede il ristoro e della qualità soggettiva dell’ente convenuto”. Questa previsione è contenuta nell’art. 145 cod. ass., ed è stata mutuata dal previgente art. 22 della I. 24.12.1969 n. 990, una previsione, quest’ultima, introdotta allo scopo di “favorire accordi transattivi (…), evitare, per quanto possibile, azioni giudiziarie (…); evitare che i costi di gestione dei sinistri siano aggravati da troppe citazioni, frettolose ed inutili” per citare la relazione de senatore proponente al relativo progetto di legge.
Ora, se scopo dell’onere di previa richiesta scritta di cui all’art. 145 cod. ass. era stato, ed è, quello di prevenire le liti, “tale onere va assolto in modo coerente con tale fine – continuano i giudici del Palazzaccio – L’assolvimento dell’onere di previa richiesta scritta è coerente con lo scopo della legge quando la richiesta contiene tutti gli elementi essenziali per consentire all’assicuratore della r.c.a. di formulare una offerta risarcitoria”. E questi elementi sono, “immancabilmente”: la descrizione chiara della dinamica del sinistro; la prospettazione chiara delle responsabilità; l’indicazione chiara e completa dei danneggiati e dei danni di cui chiedono il risarcimento; l’allegazione dei documenti idonei a suffragare le richieste di cui sopra.
Se la richiesta danni stragiudiziale mancava solo di elementi superflui la causa è proponibile
Da ciò discendono due corollari. Il primo è che “non soddisfa l’onere di cui all’art. 145 cod. ass. sia la richiesta stragiudiziale generica od ambigua; sia quella che presti ossequio solo formale ai contenuti prescritti dall’art. 148 cod. ass.”, ad esempio allegando tutti i documenti prescritti, ma limitandosi a riferire dell’esistenza di “ingenti danni” non altrimenti precisati.
Il secondo, importante corollario è che “una richiesta stragiudiziale di risarcimento incompleta o priva di taluno degli allegati prescritti dall’art. 148 cod. ass. non rende improponibile la successiva azione giudiziaria, se gli elementi mancanti erano inutili ai fini dell’accertamento delle responsabilità e della stima del danno” sottolinea la Suprema Corte, che fa anche un esempio di elementi superflui, è cioè la mancata allegazione della denuncia de redditi laddove il danneggiato non abbia chiesto il il ristoro del danno da incapacità lavorativa.
Ed è qui che la Cassazione ribadisce il principio secondo cui “la richiesta di risarcimento che la vittima di un sinistro stradale deve inviare all’assicuratore del responsabile, a pena di improponibilità della domanda giudiziale ex art. 145 cod. ass., è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l’assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta, essendo pertanto irrilevante, ai fini della proponibilità suddetta, la circostanza che la richiesta sia priva di uno o più dei contenuti previsti dall’art. 148 cod. ass., qualora gli elementi mancanti siano superflui ai fini della formulazione dell’offerta risarcitoria da parte dell’assicuratore”.
E lo è, soprattutto, se l’assicurazione non ha richiesto integrazioni
La Suprema Corte passa quindi alla seconda questione, se cioè l’incompletezza della richiesta stragiudiziale di risarcimento impedisca la proponibilità della successiva domanda giudiziale, anche quando l’assicuratore del responsabile ometta di richiederne l’integrazione. I giudici del Palazzaccio ricordano che in origine né la legge 24.12.1969 n. 990, né la cosiddetta “mini-riforma” della Rc Auto (il d.l. 23.12.1976 n. 857, convertito nella legge 26.2.1977 n. 39), prevedevano alcun onere a carico dell’assicuratore che avesse ricevuto una richiesta stragiudiziale di risarcimento incompleta. Tale onere è stato introdotto dall’art. 5 della legge 5.3.2001, n. 57, il quale ha aggiunto un quinto comma all’art. 3 d.l. 857/76, che stabiliva, testuale “in caso di richiesta incompleta, l’assicuratore, ove non possa per tale incompletezza formulare congrua offerta di risarcimento, richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni; in tal caso i termini di cui ai commi primo e secondo decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi“. Questa norma, rammenta ancora la Cassazione, è stata poi trasfusa nel comma quinto del vigente art. 143 d. Igs. 7.9.2005 n. 209 (il Codice delle assicurazioni), con qualche variante: è stato infatti soppresso l’inciso “ove l’assicuratore non possa per tale incompletezza formulare congrua offerta di risarcimento”.
Anche questa previsione, spiegano gli Ermellini, va interpretata in modo coerente col suo scopo, che è quello di “favorire la uberrima bona fides del danneggiato e dell’assicuratore nel corso delle trattative stragiudiziali”. L’intento della legge, e cioè prevenire le liti, “si ridurrebbe infatti a una lustra se il danneggiato e l’assicuratore – come purtroppo non di rado avviene nella pratica – durante le trattative stragiudiziali serbino in pectore l’uno tutte le richieste risarcitorie che intende formulare, l’altro tutte le eccezioni che intende sollevare. Questa è la regione per cui la legge impone al danneggiato un “onere di discovery”, e all’assicuratore un onere di “offerta congrua e motivata” (art. 148, comma primo, cod. ass.)”.
Se dunque il primo ha l’onere di esporre con sincerità e onestà i danni effettivamente sofferti, il secondo ha l’onere di indicare con celerità e correttezza quale risarcimento intenda offrire, e soprattutto perché. Il procedimento previsto dall’art. 148 cod. ass., in definitiva, non è che una “applicazione particolare alla materia dell’assicurazione della r.c.a. dei generali princìpi di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.).
Ne discende, sottolinea con forza la Suprema Corte, che la richiesta stragiudiziale incompleta “non rende improponibile la domanda giudiziale, se l’assicuratore della r.c.a. non ne chieda l’integrazione”. E questo per due ragioni. La prima è che “l‘intera procedura di cui all’art. 148 cod. ass. è governata dai princìpi di correttezza e buona fede, e sarebbe contrario a tali princìpi ammettere che l’assicuratore della r.c.a. possa trarre un vantaggio (l’improponibilità della domanda giudiziale) da una condotta scorretta (non richiedere l’integrazione della richiesta stragiudiziale)”. La seconda ragione è che “se l’assicuratore non chiede l’integrazione documentale, non opera il beneficio della sospensione dei termini per formulare l’offerta“. Pertanto, se l’assicuratore non chiede l’integrazione, “i termini per la formulazione dell’offerta continuano a decorrere. Ma sarebbe paradossale ritenere che dinanzi all’inerzia dell’assicuratore i termini per formulare l’offerta continuino a decorrere, mentre la domanda resti improponibile”.
In conclusione, la Cassazione chiarisce che gli articoli 145 e 148 cod. ass. vanno letti insieme, ossia: “quando sono scaduti i termini per l’offerta, la domanda è proponibile; se i termini per l’offerta sono prorogati, è differito altresì lo spatium deliberandi per la proponibilità della domanda; se l’assicuratore non chiede l’integrazione dei documenti, i termini per l’offerta continuano a correre e, con essi, il termine dilatorio della proponibilità della domanda”.
Gli errori della sentenza impugnata
E’ quindi evidente come la sentenza impugnata non abbia osservato questi princìpi, sotto tre aspetti diversi. In primo luogo, notano infatti i giudici del Palazzaccio, il Tribunale ha ritenuto improponibile la domanda non corredata da un atto, la denuncia di sinistro, “non strettamente necessario per la formulazione dell’offerta, con ciò violando il principio su esposto”. In secondo luogo, ha ritenuto improponibile la domanda “nonostante non risultasse né che l’assicuratore avesse richiesto al danneggiato il documento mancante, né per quali ragioni quel documento dovesse ritenersi essenziale per la formulazione dell’offerta“, anche qui violando il principio già illustrato. Infine, il Tribunale ha ritenuto improponibile la domanda del danneggiato “nonostante ambedue gli assicuratori investiti della richiesta di risarcimento (l’assicuratore del responsabile e quello del danneggiato, quest’ultimo evidentemente interpellato ai sensi dell’art. 148 cod. ass.) l’avessero già respinta stragiudizialmente, affermando non esservi prova della storicità del fatto“. La procedura stragiudiziale prevista dall’articolo 148, con questa risposta, si era dunque esaurita, “e nulla impediva alla vittima di proporre l’azione diretta”.
La Cassazione rigetta anche l’obiezione che il ricorso fosse inammissibile per la mancata indicazione degli elementi di fatto che consentivano all’assicuratore di formulare l’offerta: tali elementi, infatti, “non costituiscono atti sui quali il ricorso per cassazione si fonda, ma fonti di prova che dovranno essere riesaminate dal giudice d’appello in sede di rinvio”, ha concluso la Suprema Corte, che ha quindi accolto il ricorso, cassato la sentenza, rinviato la causa al Tribunale di Napoli Nord in diversa composizione e, soprattutto, enunciato questi fondamentali principii di diritto: “l’azione diretta proposta dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. è proponibile anche se preceduta da una richiesta stragiudiziale non conforme alle prescrizioni dell’articolo 148 codice delle assicurazioni, quando la difformità non sia stata tale da impedire all’assicuratore di stimare il danno e formulare l’offerta.
L’azione diretta proposta dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. è proponibile anche se preceduta da una richiesta stragiudiziale non conforme alle prescrizioni dell’articolo 148 codice delle assicurazioni, se l’assicuratore non si sia avvalso della facoltà di chiederne l’integrazione, ai sensi del quinto comma della norma appena citata”.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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