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Le nozze sono un evento “unico” (o quasi) nella vita di una persona: chi guasta per colpa quel giorno speciale a una coppia di sposi deve risarcire loro il danno morale.

E’ una sentenza interessante in tema di “danno da matrimonio rovinato” quella depositata dal giudice di Pace di Milano, dott. Diego Perucchini, il 19 luglio 2021.

 

La band “dà buca” alle nozze: gli sposi citano la ditta che doveva fornire il servizio musicale

A intentare la causa, per l’appunto, due giovani sposi che hanno citato per il risarcimento dei danno da inadempimento contrattuale il titolare di un’impresa “musicale” con la quale avevano pattuito la fornitura del servizio musicale al loro matrimonio, celebrato a Tropea il 30 giugno 2028, e alla successiva festa di nozze. Peccato però che nessuno dei musicisti si fosse presentato con il comprensibile disappunto da parte della coppia e dei loro ospiti.

Il giudice ha ritenuto la domanda meritevole di accoglimento, ritenendo pienamente provato il rapporto contrattuale tra le parti sia dal contratto depositato in atti sia anche dai messaggi cui con la ditta aveva cercato di giustificare l’inadempimento, adducendo come giustificazione un non meglio precisato incidente nel quale sarebbe stata coinvolta la “band” durante il tragitto per raggiungere Tropea.

 

Del tutto priva di prova la giustificazione addotta per il forfait

Una motivazione, addotta fin dalla fase stragiudiziale del contenzioso, ritenuta del tutto inconsistente anche dal giudice, il quale ha rammentato che, come stabilito dal riparto dell’onere probatorio, “il debitore deve fornire la prova del del fatto estintivo del diritto (del creditore), costituito dall’avvento esatto adempimento ovvero dalla prova che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.   

In primo luogo non era stata fornita alcuna prova concreta di questo presunto incidente stradale, e in ogni caso il sinistro che avrebbe coinvolto i musicisti non avrebbe comunque integrato una circostanza eccezionale, inevitabile e prevedibile e, soprattutto, insuperabile, “tenuto conto dell’organizzazione pubblicizzata dal titolare dell’azienda”, che dichiarava di poter fornire il servizio “tramite più strumentisti tra loro fungibili a discrezione del fornitore”: insomma, se anche l’incidente fosse accaduto, come sancito anche dal contratto la ditta avrebbe dovuto provvedere inviando dei sostituti.

 

Il danno da “matrimonio rovinato”

Il giudice viene infine all’aspetto che più interessa, ossia il risarcimento del danno non patrimoniale patito e subito nella forma del cosiddetto “danno da matrimonio rovinato” che consiste, spiega, “nei danni cagionati dal grave inadempimento contrattuale dell’impresa che (non) ha offerto la prestazione stabilita, nelle forme del danno morale, esistenziale, all’immagine e alla reputazione, per il giorno del matrimonio che dovrebbe essere uno dei più belli della vita”.

Il dott. Perucchini ritiene dunque che gli sposi abbiano tutto il diritto di chiedere e ottenere l’integrale ristoro per questo danno non patrimoniale, soprattutto, sottolinea, “alla luce dell’importanza sociale riconosciuta ala cerimonia e all’interesse non patrimoniale sotteso al contratto di conferimento del servizio musicale per tale evento, diretto al soddisfacimento di diritti inviolabili tutelati dall’art. 2 della Costituzione. Pare infatti del tutto evidente che la lesione dell’interesse sotteso al contratto e alla riuscita di una cerimonia che rappresenta un unicum nella vita di una coppia comporti uno stato di profondo e persistente dispiacere, di stress, di nervosismo, di preoccupazione e di imbarazzo a causa di un servizio matrimoniale non effettuato in un giorno unico e irripetibile come quello delle nozze”.

E per la quantificazione di questo danno, il giudice aggiunge che non si può non tenere conto del fatto che “il turbamento patito il giorno delle nozze non può che condizionare negativamente il ricordo di questo giorno unico non ripetibile”. La valutazione è stata effettuata in via equitativa e determinata in dieci volte il compenso che era stato pattuito, ossia tremila euro, oltre a interessi, spese legali e di causa.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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