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L’inchiesta ha confermato l’esclusiva responsabilità nell’incidente dell’indagato, che in Suv ha investito in retro la vittima su un attraversamento pedonale a Dese
Guidava (anche) sotto l’effetto di droga l’oggi 35enne di Dese (Venezia), M. C., che con una scriteriata manovra in retromarcia ha investito lungo l’attraversamento pedonale di una stradina interna e ucciso l’incolpevole Luigina De Biasi, 64 anni, anche lei del posto. A conclusione delle indagini preliminari sul tragico incidente accaduto in via Altinia poco dopo le 20 del 10 settembre 2021, il Pubblico Ministero della Procura di Venezia dott. Andrea Petroni, titolare del relativo procedimento penale, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’automobilista per i reati di omicidio stradale con l’aggravante di essersi messo al volante in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti: per inciso, con uno stratagemma aveva tentato di sottrarsi agli accertamenti. E riscontrando la richiesta, il Gup del Tribunale lagunare, dott.ssa Maria Rosa Barbieri, ha fissato per il 20 dicembre 2022, alle 11.30, presso la cittadella della Giustizia di Piazzale Roma, l’udienza preliminare di un processo dal quale i congiunti della vittima, affidatisi a Studio3A, si aspettano giustizia.
All’imputato si contesta innanzitutto l’esclusiva responsabilità del sinistro, e in special modo la colpa di “non aver dato la dovuta precedenza al pedone in procinto di attraversare la corsia nella quale egli si stava immettendo in retromarcia con la sua Mitsubishi Outlander, per fare successivo ingresso all’interno del parcheggio della propria abitazione, in violazione degli artt. 154 comma 1 e 191 comma 1 del Codice della Strada, provocando la caduta e il conseguente decesso della signora De Biasi” per citare l’atto del magistrato.
La dinamica è stata ricostruita nel dettaglio dall’ingegner Maurizio De Valentini, il consulente tecnico a cui la Procura ha affidato l’incarico di redigere la perizia cinematica: alle operazioni peritali ha partecipato, quale consulente tecnico di parte, anche l’ingegner Pierluigi Zamuner messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui, attraverso il responsabile della sede di Treviso, Diego Tiso, si sono rivolti tutti i congiunti della donna, che ha lasciato due figlie, tre amatissimi nipoti, il papà quasi centenario e quattro tra fratelli e sorelle.
Originaria di Casale sul Sile (Tv), dove risiedono tuttora l’anziano padre e alcuni fratelli, Luigina De Biasi, che abitava da sola in via delle Cicogne a due passi dal luogo del sinistro – era rimasta vedova da 14 anni -, come ogni sera era semplicemente uscita di casa per qualche minuto per gettare la spazzatura nei cassonetti dell’isola ecologica posizionata in via Altinia, e compiendo peraltro un percorso sulla carta sicuro: non doveva neppure attraversarla, via Altinia, ma, uscita dalla “sua” laterale, ha girato a destra, e si è incamminata lungo il percorso per le bici e i pedoni che costeggia la strada principale. Ma qui è successo l’imprevedibile e irreparabile.
L’indagato, che percorreva via Altinia in direzione di Favaro Veneto, ha svoltato a destra in una stradina cieca con il suo Suv e poi, in retro, ha attraversato pressoché perpendicolarmente la stessa via Altinia, da destra verso sinistra, per imboccare l’opposta stradina cieca dove si trova la sua abitazione, come faceva abitualmente per avere già pronta l’auto per uscire diritto. Ma, prosegue il Pm nel suo atto, “pur in presenza di segnaletica orizzontale di attraversamento pedonale nella quale la signora De Biasi si trovava al momento del proprio attraversamento della strada, M. C. s’immetteva sulla strada cieca mentre il pedone stava attraversando, senza accorgersi della sua presenza in regione della manovra effettuata in retromarcia e con visibilità ridotta, sia per la conformazione della via che per l’ora alla quale il sinistro si verificava”: il consulente tecnico del Pm, a meno di pensare ad altri “fattori”, ha ipotizzato che l’attenzione del conducente fosse “probabilmente tutta concentrata sullo stretto imbocco della stradina, delimitato da muretti con recinzioni e siepi”, in quanto, continua, “pur essendo buio, il pedone era certamente visibile perché l’imbocco della stradina e le immediate vicinanze erano illuminate da un vicino lampione collocato su quel lato della strada”.
Sta di fatto che, complice la sciagurata manovra, il conducente del Suv, aggiunge il Ctu, “non ha visto il pedone che, sulla pista ciclopedonale lato Marcon, stava attraversando la stradina servendosi dell’apposito attraversamento pedonale e l’auto in retromarcia l’ha investita” causandone la rovinosa caduta in seguito alla quale la signora De Biasi ha battuto violentemente il capo, riportando un devastante trauma cranico: è stata subito trasportata in ambulanza dai sanitari del Suem, in condizioni disperate, all’ospedale dell’Angelo, ma dopo tre giorni di agonia e la morte cerebrale dichiarata il 12 settembre, l’indomani, 13 settembre, è spirata a causa di “un edema cerebrale diffuso” come conclude il Sostituto Procuratore nella richiesta di processo. Interpretando quella che sarebbe stata senz’altro la sua volontà, da persona che per tutta la vita si era dedicata alla famiglia pensando sempre prima al marito, alle figlie e agli altri che a se stessa, e con un gesto di grande amore, pur nel profondo dolore del momento, i suoi congiunti hanno autorizzato l‘espianto degli organi e grazie a Luigina sono potuti ritornare alla vita due malati bisognosi del trapianto del cuore e del fegato, che ha donato.
Per i suoi cari resta almeno la consolazione della conferma da parte del consulente tecnico della Procura che la signora De Biasi non ha avuto responsabilità alcuna nel sinistro: “Il pedone – conclude l’ingegner De Valentini – stava attraversando la stradina servendosi dell’apposito attraversamento pedonale illuminato. Non ci sono elementi concreti per criticare la sua condotta”. Al contrario, però, è stata tanta la loro amarezza nell’apprendere che l’unico responsabile della morte della loro congiunta si fosse anche messo alla guida sotto l’effetto di droghe, una violazione gravissima che potrebbe aver inciso sul suo livello di concentrazione e attenzione.
L’oggi trentacinquenne, peraltro, durante i rilievi sul posto da parte degli uomini del reparto motorizzato della polizia locale di Venezia, aveva richiesto autonomamente l’intervento di un’ambulanza accusando un forte stato di agitazione ed era stato trasportato anch’egli al pronto soccorso dell’Angelo, da dove però si era allontanato prima ancora di ricevere le cure del caso ed era rincasato dopo che gli agenti, terminate le operazioni, si erano allontanati. Agenti che però – recatisi al pronto soccorso convinti di trovarlo e avendo invece appreso dai sanitari che questi si era allontanato e, parallelamente, che la signora De Biasi versava in gravissime condizioni – sono immediatamente ritornati indietro, si sono recati a casa sua e l’hanno subito riaccompagnato in ospedale per sottoporlo agli esami ematici i cui esiti, positivi, avrebbero poi svelato la vera ragione di tanta agitazione: al momento dei prelievi, infatti, è risultato che l’indagato si trovava in una condizione di alterazione fisica e psichica correlata all’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope.
I familiari di Luigina De Biasi, attraverso Studio3A, sono già stati integralmente risarciti dalla compagnia di assicurazione del veicolo investitore, ma adesso confidano soprattutto in una risposta forte da parte della giustizia penale, per la loro cara e anche per contrastare la piaga della guida sotto l’effetto di alcol e droghe.
Caso seguito da:
Diego Tiso
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