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L’ing. Zamuner ha depositato la perizia sul terribile incidente sul Terraglio ascrivendo ogni responsabilità al giovane Rom: con un tale urto nulla avrebbe salvato le due donne
Ronnie Levacovic andava così forte, come un missile, ad almeno 125 km/h, a fronte di un limite di 70 che invece è stato rispettato dalle due povere vittime, che la targa della sua potente Bmw ha letteralmente marchiato il paraurti posteriore della Citroen C1 tamponata con inaudita violenza e poi scagliata contro la spalletta in cemento del ponticello di accesso a una proprietà a 70 metri di distanza. Nessun sistema di ritenzione avrebbe potuto salvare loro la vita a fronte di due urti così terribili.
I familiari di Mara Visentin, la sessantatreenne di Preganziol deceduta con l’amica Miriam Cappelleto, di 51 anni, nel terribile incidente accaduto la notte del 24 marzo scorso sul Terraglio, nello stesso comune di Preganziol, al km 17+500, sono rimasti ancora una volta esterrefatti dalle indiscrezioni trapelate, o meglio fatte trapelare sui media, sulla perizia cinematica sull’incidente disposta dal Pubblico Ministero della Procura di Treviso dott. Giulio Caprarola nell’ambito del procedimento penale per duplice omicidio stradale a carico del venticinquenne Rom residente nella Città della Marca che ha causato la tragedia e che, al contrario delle due donne, è sopravvissuto. Dell’elaborato prodotto dall’ing. Pierluigi Zamuner, il consulente tecnico d’ufficio incaricato dal Sostituto Procuratore, viene infatti dato ampio e pressoché esclusivo risalto alla circostanza che Mara, alla guida dell’utilitaria, e l’amica, seduta sul sedile del passeggero anteriore, non avrebbero indossato le cinture di sicurezza: “tra un po’ sarà colpa di mia mamma e dovremo chiedere scusa noi” ironizza, amaro, il figlio della signora Visentin.
In realtà le conclusioni di Zamuner vanno esattamente nella direzione opposta e inchiodano Levacovic alle sue pesantissime responsabilità. “Il primo urto ha interessato la Citroen e la Bmw: si tratta di un tamponamento del veicolo condotto da Levacovic ai danni di quello della signora Visentin. L’impatto viene collocato all’interno della corsia di destra (quella regolarmente percorsa dalla C1, ndr) e ha interessato la parte posteriore della Citroen e quella anteriore della Bmw: l’impronta della targa di quest’ultima sul paraurti della vettura tamponata indica chiaramente la reciproca posizione assunta all’impatto. A seguito dell’urto, poi, la Citroen deviava a destra e veniva spinta in avanti andando a urtare con la parte anteriore (anche) la spalletta del ponticello del civico 74, dove trovava quiete” premette l’ing. Zamuner: alle operazioni peritali, iniziate dall’esame degli atti presenti nel fascicolo penale e continuate con l’ispezione dei mezzi posti sotto sequestro, ha partecipato anche l’ing. Mario Piacenti come consulente tecnico di parte messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini a cui, attraverso il responsabile della sede di Treviso, Diego Tiso, si sono rivolti per essere seguiti i congiunti di Mara Visentin, unitamente all’avv. del Foro della Marca Andrea Piccoli.
L’ing. Zamuner ha quindi calcolato le velocità dei due veicoli, stimando che quella della Bmw all’urto “era pari almeno a 125 km/h”, mentre quella tenuta da Mara Visentin “era prossima al limite vigente di 70 km/h”. E conclude chiarendo che “la causa tecnica determinante e unica del sinistro è stata individuata nel tamponamento da parte del veicolo condotto da Levavovic, che procedeva a una velocità non inferiore a 125 km/h, ai danni della Citroen che lo precedeva, con violazione degli art. 142 e 149 del codice della strada, ossia superamento dei limiti di velocità di oltre 40 km all’ora e mancato rispetto di un’adeguata distanza di sicurezza. A parziale consolazione dei familiari delle vittime, il consulente tecnico aggiunge anche che, “sulla base degli elementi oggettivi e testimoniali non emergono invece condotte censurabili a carico delle due vittime in nesso di causalità con l’accadimento del sinistro”.
E’ vero, a parere del Ctu le due donne non avrebbero indossato le cinture di sicurezza, anche se tale evenienza andrà meglio approfondita sentendo anche gli operatori sanitari intervenuti in soccorso delle due vittime: potrebbero infatti averle slacciate o riposizionate loro durante le vane operazioni rianimatorie, anche perché Mara Visentin era solita agganciarsela sempre, la cintura. Ma in ogni caso, aggiunge anche Zamuner, “in relazione ai due violentissimi urti subiti (tamponamento prima e impatto frontale con il ponte poi), con distruzione del mezzo e forte riduzione dello spazio vitale nell’abitacolo, con alta probabilità l’uso delle cinture non avrebbe modificato le sollecitazioni a cui sono stati sottoposti i due corpi, soprattutto in termini di accelerazione e decelerazione”: tradotto, sarebbero morte ugualmente.
Ora, piuttosto, i familiari delle due vittime attendono con ansia la conclusione delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Levacovic, che come minimo dovrà rispondere di due aggravanti del reato di omicidio stradale: quella di aver ucciso più persone e dell’eccesso di velocità, sempre in attesa di conoscere – non erano oggetto della perizia cinematica – gli esiti degli esami tossicologici a cui è stato sottoposto, che potrebbero configurare una ulteriore e ancora più “grave” aggravante.
Caso seguito da:
Diego Tiso
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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