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Una persona che abbia ricevuto una sanzione per una violazione che gli viene contestata può conoscere il nome di colui che gli ha elevato il verbale per opporvisi? Prevale il diritto alla privacy o il diritto alla difesa?

E’ una sentenza di assoluta rilevanza quella, la n. 2530/22, recentemente pronunciata dalla quinta sezione del Consiglio di Stato, che ha dato definitamente ragione a un utente che chiedeva invano a Trenitalia di sapere il nome dell’agente accertatore che gli aveva comminato una multa per poter presentare opposizione. 

Il passeggero di un treno, multato a suo dire ingiustamente, presenta reclamo

La vicenda. Il 3 giugno 2021, a bordo del treno regionale n. 16391, il controllore aveva irrogato ad un passeggero una sanzione di 50 euro perché il titolo di viaggio di cui era munito non era stato convalidato prima della partenza nelle apposite macchine validatrici: un “classico”. Ritenendo  però che, nel caso di specie, non ricorressero i presupposti per l’applicazione della sanzione, e che fossero state commesse delle irregolarità nelle modalità di contestazione, l’utente aveva presentato denuncia-querela presso la Polizia Ferroviaria della stazione di arrivo e un reclamo contro il verbale di accertamento, che veniva respinto con nota del 11 agosto 2021.

Il 7 settembre tuttavia il passeggero multato, non dandosi per vinto, aveva presentato alla Direzione regionale del Veneto (dove è accaduto il caso) di Trenitalia una domanda di accesso agli atti, ex artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, avente per oggetto tutta una serie di documenti: l’atto originale con il quale si era provveduto al rigetto del reclamo avverso il verbale di accertamento, completo dell’indicazione del soggetto emanante e di sottoscrizione; il verbale dal quale risultavano le dichiarazioni rese dall’agente verbalizzante, delle quali vi era menzione nella nota di comunicazione del rigetto del reclamo; i dati personali dell’agente verbalizzante e la sua qualifica; l’autorizzazione rilasciata all’agente verbalizzante ai sensi dell’art. 41, comma 1, della legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 e il relativo tesserino di riconoscimento; l’atto dal quale risultava l’orario di partenza del treno regionale la sera del 3 giugno 2021 e l’orario di arrivo del medesimo alla stazione di destinazione.

 

Trenitalia nega l’accesso ai documenti richiesti dall’utente sanzionato, che ricorre al Tar

Con mail del 14 ottobre 2021, la Direzione regionale di Trenitalia aveva però negato l’accesso ai documenti richiesti dal ricorrente, trasmettendo solo la copia del verbale di contestazione, affermando di ritenere parte dei dati richiesti non divulgabili e di non avere la possibilità di acquisire gli orari di arrivo del treno, essendo trascorsi più di 7 giorni dalla data del viaggio.

A fronte del diniego opposto, l’utente aveva quindi proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, denunciando la violazione degli articoli 1, 3 e 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli articoli 24, 28 e 97 Cost., dell’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché degli articoli 81 e seguenti del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, ed esponendo che, nel caso di specie, dovevano ritenersi sussistenti tutti i presupposti per l’esercizio del diritto di accesso come delineati dal legislatore e dalla giurisprudenza, considerato lo stretto collegamento tra le esigenze di difesa, la situazione soggettiva finale e il documento di cui era stata chiesta l’ostensione.

Trenitalia S.p.A, costituendosi in giudizio, aveva depositato alcuni dei documenti oggetto dell’istanza di accesso quali la tabella di marcia del treno in cui era avvenuta la contestazione, copia del titolo di viaggio che era stato ritirato a bordo, il verbale di giuramento ed il titolo abilitativo commerciale dell’agente accertatore, ma con l’oscuramento delle sue generalità, copia del rapporto redatto per contro-dedurre al reclamo e la risposta al reclamo, con la precisazione che non esisteva un atto originale sottoscritto di tale risposta, perché si trattava di atti gestiti su piattaforma telematica.

 

Il ricorrente si appella al diritto alla difesa, l’Azienda oppone ragioni di tutela della privacy

Il ricorrente, tuttavia, aveva ribadito di avere la necessità di conoscere i documenti richiesti con l’indicazione delle generalità del verbalizzante, oltre che per dare seguito alla denuncia-querela già presentata, anche per agire in altra sede, ivi compresa l’Autorità di regolazione dei trasporti.

Trenitalia, invece, pur avendo riconosciuto nel corso del giudizio, diversamente da quanto affermato dal provvedimento di diniego oggetto di impugnazione, la fondatezza della richiesta di accesso presentata dal ricorrente, aveva sostenuto che doveva ritenersi prevalente l’interesse ad omettere ogni riferimento idoneo ad identificare l’agente accertatore per ragioni di privacy e sicurezza, in quanto non era configurabile un nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta, e segnatamente le generalità dell’agente verbalizzante, e la situazione finale che il ricorrente intendeva far valere.

Il Tribunale Amministrativo dà ragione all’utente

Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 250 del 2022, aveva statuito la parziale cessazione della materia del contendere con riferimento agli atti oggetto della domanda depositati senza parti oscurate, aveva dichiarato il ricorso in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con riguardo alla richiesta di accesso all’atto originale avverso il verbale di accertamento completo dell’indicazione del soggetto emanante e di sottoscrizione, perché Trenitalia aveva chiarito che si trattava di un documento inesistente, e aveva accolto il ricorso in ogni altra parte con conseguente accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere copia integrale, non oscurata, della documentazione richiesta con la domanda di accesso del 7 settembre 2021.

 

Per procedere in sede penale e civile occorrono le generalità dell’agente, non dati sensibili

A supporto della propria decisione il giudice di prime cure aveva evidenziato che il soggetto detentore del documento richiesto non poteva svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto, poiché un simile apprezzamento competeva, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione; che il ricorrente aveva rimarcato di avere la necessità di tutelare la propria posizione, non solo in sede penale, ma anche rivolgendosi all’Autorità di regolazione dei trasporti, al Giudice di Pace nei confronti dell’ordinanza ingiunzione in corso di emanazione, nonché in sede civile a prescindere dal procedimento penale; che l’assunto sostenuto da Trenitalia secondo cui non era configurabile un collegamento tra la necessità di conoscere le generalità dell’agente accertatore e le esigenze difensive si rivelava infondato, perché, per poter verificare che lo stesso era in possesso di validi e regolari titoli legittimanti, o per potere svolgere compiutamente le proprie difese in sede civile, il ricorrente non poteva prescindere dall’acquisizione delle generalità del soggetto al quale eventualmente notificare l’atto introduttivo del giudizio; inoltre, le generalità dell’agente accertatore non rientravano tra i dati per i quali l’ordinamento apprestava una particolare e rafforzata tutela, quali i dati sensibili, i dati giudiziari e i dati cosiddetti super sensibili.

A questo punto è stata Trenitalia a proporre appello al Consiglio di Stato lamentando error in iudicando e in procedendo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241 del 1990, art. 32 Cost., art. 8 par.1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 16, par. 1, del TFUE, nonché errore di fatto, motivazione apparente, illogicità, contraddittorietà della sentenza impugnata: ovviamente, il passeggero si è costituito in giudizio, insistendo con memoria per il rigetto dall’impugnazione. E i giudici gli hanno dato ragione, dichiarando infondato l’appello e respingendolo. 

 

L’Azienda è arrivata a paventare per la sicurezza personale stessa dei suoi dipendenti

Trenitalia nel suo appello aveva ribadito di aver provveduto ad oscurare il nominativo dell’agente accertatore perché a suo dire non sarebbe esistito uno stretto collegamento tra la documentazione richiesta con l’istanza di accesso e le esigenze difensive rappresentate; inoltre, diversamente da quanto asserito nella sentenza impugnata, Trenitalia S.p.A. non avrebbe svolto alcuna ultronea valutazione ex ante sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto. Secondo l’appellante, l’oscuramento del nome dell’agente accertatore sarebbe volto ad evitare che, attraverso l’esercizio del diritto di accesso, chiunque possa conoscere le generalità ed identificare la persona fisica, con violazione della privacy e la sicurezza personale di chi ha proceduto alla irrogazione della sanzione. Ciò in quanto il personale viaggiante di Trenitalia, dovendosi interfacciare direttamente con il pubblico e dovendo vigilare sul rispetto delle regole, talvolta anche irrogando sanzioni, è esposto a possibili reazioni dei viaggiatori che, qualora ne conoscessero le generalità, potrebbero attuare non solo condotte emulative o moleste ma anche vere e proprie aggressioni (verbali o anche fisiche). 

L’appellante ha inoltre lamentato l’insussistenza di qualsiasi esigenza difensiva che giustificasse l’ostensione del nominativo dell’agente accertatore. Le modalità di accesso ai documenti individuata da Trenitalia (ad eccezione del nominativo dell’agente accertatore) avrebbe consentito comunque al ricorrente di ottenere tutte le informazioni necessarie idonee a supportare le asserite esigenze difensive.

Il viaggiatore, invece, costituendosi ha battuto sulla strumentalità della documentazione richiesta con le esigenze difensive da rappresentare sia innanzi all’Autorità di regolazione dei trasporti, sia in sede civile per il risarcimento dei danni che riteneva di avere subito dalla illegittima attività amministrativa compiuta dall’agente verbalizzante, in ordine alla quale ha riferito di avere già proposto denuncia/querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia.

 

Il principio della “massima ostensione” dei documenti amministrativi

Il Collegio è partito dal comma 3 dell’art. 22, l. 27 agosto 1990, n. 241, che ha introdotto il principio della massima ostensione dei documenti amministrativi, “atteso che l’accesso agli stessi, per le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, la legittimazione attiva all’accesso agli atti e documenti va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali, oggetto dell’accesso, abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica”: dunque, il Consiglio ha sottolineato anche il carattere strumentale del diritto all’accesso, consentito solo a coloro ai quali gli atti si riferiscono direttamente o indirettamente, o comunque, solo laddove essi se ne possano avvalere per tutelare una posizione giuridicamente rilevante. 

In conseguenza – prosegue la sentenza -, l’interesse all’ostensione deve essere finalizzato alla tutela di situazioni giuridiche rilevanti, a norma della lett. b), comma 1 del cit. art. 22, e sono definiti ‘interessati’ all’accesso non tutti i soggetti indiscriminatamente, ma soltanto i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. 

Per il legittimo esercizio del diritto di accesso è, quindi, “necessaria la sussistenza di un interesse qualificato, specificamente inerente alla situazione da tutelare, immediatamente riferibile al soggetto che pretende di conoscere i documenti, e che sussista un collegamento attuale tra la situazione giuridica da tutelare e la documentazione di cui si richiede l’accesso, tale da implicare l’incidenza, anche potenziale, dell’atto sull’interesse di cui il soggetto istante è portatore”.

 

Nello specifico, pienamente riconosciuta la legittimazione dell’accesso agli atti del richiedente

Premesso questo, secondo il Collegio nel caso di specie andava certamente riconosciuta la legittimazione dell’utenteche si ritiene parte lesa di un comportamento illegittimo, in ordine al quale ha già proposto denuncia-querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, che ha dato corso al un procedimento giudiziario, all’ostensione dei documenti amministrativi recanti il nominativo dell’agente accertatore, oggetto dell’istanza di accesso. Non è revocabile in dubbio che l’istanza di accesso meriti accoglimento, tenuto conto delle motivazioni per le quali la stessa è stata proposta, atteso che l’appellato ha rappresentato l’intenzione di far valere le proprie ragioni innanzi all’Autorità di regolazione dei trasporti ed in sede civile (anche per il risarcimento dei danni), sicché la conoscenza delle generalità dell’agente verbalizzante è indispensabile sia per la verifica del possesso di validi e regolari titoli legittimanti l’esercizio del pubblico servizio nell’attività di irrogazione di sanzioni, sia perché è certamente utile conoscere le generalità del destinatario a cui rivolgere la propria attività difensiva e notificare gli atti introduttivi di eventuali contenziosi (art. 24 Cost.).

Il passeggero sanzionato, evidenzia infatti il Collegio, risulta portatore di un interesse: diretto, “in quanto il contenuto degli atti richiesti, comprensivo delle generalità dell’agente verbalizzante, contiene informazioni che direttamente o indirettamente lo riguardano”, e concreto, “per la sussistenza di un legame tra il contenuto degli atti e il richiedente. L’istante ha fornito la reale indicazione della necessità, concreta e potenziale, delle informazioni richieste per la tutela del proprio interesse giuridico.

Non opponibili nella circostanza gli interessi contrapposti alla riservatezza

Per questi motivi,  quindi, secondo il Consiglio di Stato, le doglianze formulate da Trenitalia sono infondate, “atteso che, nella fattispecie in esame, non è possibile validamente opporre la rilevanza preminente degli interessi antagonisti alla riservatezza in ragione del preteso coinvolgimento di dati sensibili che, se conosciuti, potrebbe portare, come conseguenza, un evidente rischio per l’incolumità dell’agente accertatore”.

Tale rischio, infatti, prosegue la sentenza, “è stato semplicemente ipotizzato e comunque rappresenta un’argomentazione difensiva che non consente di pervenire a diversa conclusione, tenuto conto che, per i rilievi sopra espressi, in presenza dei necessari presupposti di legittimazione ed interesse, tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all’art. 24, commi 1 e 2, 3, 5, e 6, con la precisazione di cui al successivo art. 24, comma 7, a mente del quale deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare e difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini di cui all’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale”.

 

Le esigenze di tutela giudiziale prevalgono su quella di dati che non sono neppure sensibili 

Insomma, “la mera afferenza dei documenti alla possibile identificazione di chi ha proceduto all’accertamento della violazione amministrativa ed alla irrogazione della relativa sanzione non determina un bilanciamento rafforzato, siccome di per sé inidonea ad evocare la categoria di dati sensibili e giudiziari, tenuto conto che rilevano, in proposito, esigenze di tutela, sia giudiziale che stragiudiziale, rinvenibili prima e indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale, rispetto alle quali può essere utile (e necessario) acquisire gli atti e i documenti richiesti nell’istanza di accesso”.

Con riferimento alle obiezioni rappresentate da Trenitalia S.p.A. nell’atto di appello, il Consiglio di Stato ricorda inoltre che il principio di cui all’art. 24, comma 7, della l. 241 del 1990 “impone al giudice di accertare se la conoscenza della documentazione amministrativa richiesta è potenzialmente utilizzabile ai fini di difesa, giudiziale o stragiudiziale, di interessi giuridicamente rilevanti. Dunque, l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso, e non anche la ricevibilità, l’ammissibilità o la rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio che l’istanza ha deciso di azionare, sia esso pendente o meno”.

Gli atti “oscurati” sarebbero privi di rilevanza e inutilizzabili in qualsiasi giudizio

Ora, nel caso di specie, il passeggero, con l’istanza di accesso agli atti e nel corso del giudizio, come detto aveva paventato l’intenzione di introdurre azioni giudiziarie a tutela delle proprie ragioni, “e rispetto a tali intenzioni non può di certo ritenersi superflua la conoscenza dei dati di cui l’appellato rivendica l’ostensione, ben potendo orientare le ulteriori iniziative di difesa dei propri interessi sia rafforzando i suoi propositi di tutela, oppure, al contrario, nel senso diametralmente opposto, potendo indurre a recedere da tali propositi con esito, dunque, finanche deflattivo di eventuali giudizi” prosegue il Collegio, evidenziando anche sul punto che, indipendentemente dalla già dichiarata non predicabilità di un sindacato anticipato sulle possibili strategie difensive del soggetto istante, “è infatti sufficiente evidenziare come tutti gli atti depositati da Trenitalia S.p.A. nel corso del giudizio di prima istanza, privi della indicazione delle generalità della persona fisica che ha provveduto a redigerli, sono privi di qualsiasi rilevanza, in quanto non utilizzabili ai fini probatori nell’ambito di un qualsiasi giudizio, atteso che in mancanza di conoscenza delle generalità del soggetto verbalizzante, non vi è possibilità di sindacare adeguatamente l’esercizio dell’attività amministrativa, di fatto non consentendo di articolare in modo agevole qualsiasi difesa nell’ambito di un eventuale contenzioso”.

 

L’esercizio del diritto alla difesa prevale su quello alla privacy e all’anonimato

Né assume rilievo, secondo il Consiglio di Stato entrando nel vivo del suo pronunciamento, opporre all’ostensione “la necessità di assicurare la privacy dell’agente accertare, atteso che non si rinvengono nell’ordinamento disposizioni normative che tutelano nella fattispecie il diritto alla riservatezza, a fronte della necessità, nel bilanciamento di opposti interessi, di garantire l’esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), posto che l’attività accertativa svolta dall’agente verbalizzante, nella specie il controllore del treno, incaricato di un pubblico servizio, impone anche la sottoscrizione degli atti redatti (nella specie, verbale di sanzione pecuniaria), non ravvisandosi, come correttamente evidenziato dall’appellato, un “diritto all’anonimato” di tale pubblico dipendente”.

E a sostegno di tale assunto, la sentenza chiude ribadendo quanto già precisato dall’Adunanza Plenaria del stesso Consiglio di Stato con le sentenze n. 19, 20 e 21 del 2020 e n. 4 del 2021, ed in particolare che “il diritto di accesso difensivo, ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, deve essere “comunque” garantito al richiedente per difendere i propri interessi giuridici, laddove non sussistono limiti, come nella specie, rappresentati da dati sensibili, giudiziari o ultrasensibili”, evidentemente non riscontrati nella fattispecie”. 

L’appello è stato quindi respinto e Trenitalia, in quanto soccombente, è stata anche condannata al pagamento delle spese del grado di giudizio.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Contenziosi con Aziende

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