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Fino a 18 anni di carcere per i datori di lavoro che non rispettano le norme sulla sicurezza dei dipendenti. È quanto prevede il disegno di legge presentato nei mesi scorsi al Senato e ora all’esame della Commissione Giustizia in sede referente. Il testo, che vede quale primo firmatario il parlamentare Giovanni Barozzino (SI-Sel), ha l’obiettivo di punire più severamente gli infortuni sul lavoro causati “per distrazione, disinteresse, o peggio per un’assoluta noncuranza delle normative”.

Il fenomeno delle morti bianche, com’è tristemente noto, continua a presentare ogni anno numeri indegni di un Paese civile. Da quanto emerge dai dati dell’Osservatorio indipendente di Bologna che monitora gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, solo nel 2016, si legge nella relazione al testo di legge, “sono morti 641 lavoratori sui luoghi di lavoro e oltre 1.400 se si considerano i morti sulle strade e in itinere (stima minima per l’impossibilità di conteggiare i morti sulle strade delle partite IVA individuali e dei morti in nero e di altre innumerevoli posizioni lavorative), ricordando che solo una parte degli oltre 6 milioni di partite IVA individuali sono assicurate all’Inail“. Dati agghiaccianti che riguardano un po’ tutti i settori, anche se a pagare il prezzo più elevato è l’agricoltura, “con il 31 per cento di tutte le morti per infortuni sui luoghi di lavoro e, tra queste, ben il 65 per cento sono provocate dal trattore“, ma anche l’edilizia (con il 19.6%), l’autotrasporto (9,3%), e l’industria (8,2%).

Da qui trae origine questo disegno di legge che si propone di modificare il Codice penale (e di procedura penale), introducendo un identico percorso anche in tema di infortuni sul lavoro, sulla falsariga dell’omicidio stradale di cui alla legge n. 41/2016. Questo perché, si legge ancora nella relazione, nonostante il legislatore non sia rimasto inerte di fronte al fenomeno degli incidenti mortali sul lavoro, non risulta soddisfatto il bisogno, “di una punizione più severa nei confronti di chi sul lavoro cagiona la morte di vittime innocenti, dimostrando di dare la precedenza ad altri interessi e valori rispetto alla tutela massima della vita umana in ogni manifestazione sociale“.

Il ddl propone dunque di introdurre il nuovo reato di omicidio sul lavoro (ex art. 589-quater c.p.), che attribuisce rilevanza penale ad una serie di condotte, graduate in base all’entità della colpa e alle violazioni in tema di sicurezza. Così, verrebbe punito con la reclusione da 2 a 7 anni l’omicidio commesso in violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, e previsto un aggravamento di pena se il datore non adempie alla valutazione dei rischi e alla nomina di un responsabile per la sicurezza. Carcere dai 5 ai 10 anni, inoltre, se viene causata la morte del lavoratore per aver messo a disposizione strumenti non conformi alla normativa nazionale ed europea, che sale dagli 8 ai 12 anni nel caso in cui la morte sia provocata dalla violazione delle norme in materia di sostanze pericolose e agenti biologici. La pena può arrivare infine a 18 anni di carcere se è stata cagionata la morte di una o più persone.

Altro reato introdotto dal disegno di legge, con il nuovo articolo 590-quinquies, è quello di “Lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime” il quale punisce il datore di lavoro che cagioni al lavoratore una lesione personale con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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