Qual è il soggetto responsabile e chiamato quindi a risarcire i danni prodotti dagli incidenti causati da cani randagi? La Cassazione, terza sezione Civile, ha ribadito ancora una volta, con l’ordinanza n. 10/20 depositata il 2 gennaio 2024, che è l’Azienda Sanitaria. Una causa che testimonia anche la gravità del fenomeno del randagismo soprattutto in alcune regioni, come la Puglia, dove esso, tra i vari problemi, ha cagionato anche e proprio gravissimi sinistri stradali.
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Automobilista finito fuori strada per evitare dei cani randagi chiede i danni a Comune e Asl
La vicenda. Un automobilista aveva citato in giudizio dinanzi al giudice di pace il Comune di Ostuni e l’Azienda sanitaria locale di Brindisi lamentando il fatto che nel gennaio 2014, mentre si trovava alla guida della sua vettura e stava percorrendo una via comunale in direzione del centro abitato, all’improvviso un branco di cani randagi provenienti da una strada laterale aveva invaso la carreggiata.
Per evitare di travolgere gli animali il conducente dell’auto ha sterzato bruscamente, perdendo il controllo della macchina che era così finita contro un palo della pubblica illuminazione. Il veicolo aveva riportato ingenti danni materiali quantificati in quasi cinquemila euro.
Di qui la sua richiesta di risarcimento nei confronti dei due Enti, che si erano costituiti in giudizio: il Comune affermando il proprio difetto di legittimazione passiva e sostenendo che in materia di danni da randagismo fosse responsabile la Asl; quest’ultima asserendo a sua volta che la responsabilità dei danni causati dai cani randagi fosse ascrivibile al Comune e contestando la veridicità dei fatti.
In secondo grado il Tribunale condanna in solido i due enti
Il giudice di Pace, con sentenza del 2015, aveva rigettato la domanda risarcitoria ritenendo non raggiunta la prova della dinamica dei fatti.
Ma il Tribunale di Brindisi, quale giudice di secondo grado, avanti al quale il danneggiato aveva proposto appello, con decisione del 2021 aveva integralmente riformato il verdetto di prime cure, condannando la Azienda sanitaria di Brindisi e il Comune di Ostuni al risarcimento, in solido dei danni patrimoniali per il danneggiamento dell’auto, quantificati nella somma di 4.970 euro, oltre interessi e rivalutazione dal giorno del fatto al momento del pagamento.
L’amministrazione comunale ricorre per Cassazione sostenendo che la responsabilità è dell’Asl
Contro la sentenza del Tribunale è stato questa volta il Comune di Ostuni a proporre ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione della Legge Quadro 14 agosto 1991, n. 281 nonché degli artt. 2, 3 8 della Legge regionale Puglia n. 12/1995, circa l’individuazione all’ente dotato di competenza per procedere alla vigilanza e alla cattura dei cani randagi, e lamentando il fatto che non fosse stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune.
L’amministrazione comunale, in particolare, ha censurato la porzione di motivazione nella quale si affermava, per citarla, che i comuni “oltre a dover predisporre i canili per il ricovero degli animali vaganti (art. 8 e 9 della legge regionale n. 12/1995), hanno l’obbligo dei controlli connessi all’attuazione della citata legge regionale (art. 2) mentre ai servizi veterinari della Usl è demandata la vigilanza e il controllo dei rifugi. Da ciò si desume che il Comune di Brindisi deve vigilare sull’operato dell’Asl alla quale è demandato il recupero degli animali vaganti. Nel caso de quo non è stato dimostrato a cura né del Comune di Brindisi, né dell’Asl di aver assolto ai loro compiti istituzionali”.
Il Comune invece sottolineava il fatto che la legge regionale Puglia 3/4/1995, n. 12, all’art. 6 (la cui rubrica titola “Recupero cani randagi”), prevede che “spetta ai Servizi veterinari delle Usl il recupero dei cani randagi, mentre ai Comuni spettano, ai sensi dell’art. 2, le funzioni di vigilanza sul trattamento degli animali, la tutela igienico-sanitaria degli stessi, nonché i controlli connessi all’attuazione della presente Legge, i quali vengono tuttavia esercitati mediante le Unità sanitarie locali (Usl), ai sensi della L.R. 2 agosto 1989, n. 13, art. 5”.
In conclusione, il Comune tornava ad eccepire con forza il proprio difetto di legittimazione passiva, dal momento che la legge regionale non prescriveva un obbligo in capo al Comune di recupero dei cani randagi, gravante invece esclusivamente sulla Asl.
La Suprema Corte accoglie la doglianza: è responsabile chi ha il compito di cattura e custodia
Il motivo è del tutto fondato secondo la Cassazione, che ribadisce come, “per consolidata giurisprudenza di legittimità, la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull’ente cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il compito di cattura e custodia degli stessi”, che, a meno di eccezioni specifiche, sono le aziende sanitarie attraverso i propri servizi veterinari.
Nel caso della Puglia l’Azienda sanitaria attraverso i servizi Veterinari
Venendo quindi al caso di specie, con riferimento alla legge regionale Puglia n. 12/1995, “questa stessa Sezione – prosegue la Suprema Corte – ha statuito che ai sensi degli artt. 2, 6 e 8, l.r. Puglia n. 12 del 1995, il Comune è privo di legittimazione passiva in rapporto alla pretesa risarcitoria per i danni causati dai cani randagi, posto che in base alla menzionata legislazione regionale i Comuni devono limitarsi alla gestione dei canili al fine della mera “accoglienza” dei cani randagi recuperati, mentre al relativo “ricovero”, che presuppone l’attività di recupero e cattura, sono tenuti i Servizi veterinari delle Als”.
Ciò lo si ricava chiaramente, chiariscono ancora i giudici del Palazzaccio, dal tenore letterale degli artt. 2 (tutela sanitaria e vigilanza), 6 (recupero cani randagi) e 8 (canili sanitari) della legge. “In particolare, all’art. 6 si prevede (n. 1) che il recupero dei cani randagi spetta ai servizi veterinari delle Usl, mentre l’art. 2 si limita a specificare che i controlli connessi all’attuazione della presente legge sono attribuite ai Comuni, che li esercitano mediante le unità sanitarie locali (Usl), ai sensi dell’art. 5 della legge regionale 22 agosto 1989, n.13”.
La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio al Tribunale di Brindisi che dovrà attenersi ai principi richiamati dalla Cassazione e quindi porre in capo esclusivamente alla Asl il risarcimento nei confronti dell’automobilista.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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