E’ sempre responsabile l’automobilista che investe, e per di più in retromarcia, un pedone, anche se questi non attraversa la strada sulle strisce pedonali: per escludere la responsabilità del conducente di un veicolo l’attraversamento deve essere improvviso e imprevedibile, e non era certo il caso in questione, quello di un’anziana che procedeva con un’andatura molto lenta legata all’età.
A riaffermare alcuni punti fermi fondamentali in materia la Cassazione, quarta sezione penale, con la sentenza n. 19944/23 depositata l’11 maggio 2023 con cui gli Ermellini hanno definitivamente condannato per omicidio colposo una automobilista per aver appunto travolto e ucciso una donna avanti con gli anni.
Indice
Automobilista condannata per aver investito e ucciso un’anziana in retromarcia
L’imputata era già stata riconosciuta colpevole dal Tribunale di Bologna del reato di omicidio colposo (all’epoca del fatto non era stata ancora introdotta la fattispecie specifica dell’omicidio stradale) ai danni di un’anziana che aveva attraversato la sede stradale transitando dietro il veicolo dell’automobilista, mentre questa era impegnata in una manovra di retromarcia: la malcapitata in seguito all’impatto era rovinata a terra riportando lesioni gravissime che non le avevano lasciato scampo.
Alla conducente del mezzo era stata contestata la colpa generica e la violazione dell’art. 191, comma 3, del Codice della Strada, per avere agito con imprudenza e negligenza, omettendo di sincerarsi della presenza di pedoni che interferissero con la manovra di retromarcia, e per non avere adottato le cautele necessarie atte a prevenire tale interferenza.
La Corte d’Appello felsinea, avanti la quale la conducente del mezzo aveva appellato la decisione, aveva confermato in toto il verdetto di primo grado. I giudici di seconde cure avevano innanzitutto escluso circostanze di interruzione del rapporto di causalità per la supposta “abnormità” della condotta del pedone invocata nella tesi difensiva. In particolare, la Corte territoriale aveva asserito che l’attraversamento della donna non era stato improvviso ma che, al contrario, anche in ragione della sua età avanzata, la conducente dell’auto avrebbe avuto sufficiente tempo per evitare la collisione. I giudici di secondo grado, peraltro, sul punto, avevano ritenuto incongruente il ragionamento del consulente tecnico, il quale ipotizzava che “l’urto si sarebbe comunque verificato anche a fronte di una condotta di guida più consona e di una velocità di marcia inferiore, in ragione degli esigui spazi-tempi di avvistamento, rilevando che il pedone era rimasto nel campo visivo del conducente per alcuni secondi e che questo avrebbe avuto la possibilità di arrestare la marcia del veicolo con ampio anticipo”.
L’automobilista, tuttavia, ha proposto ricorso anche per Cassazione, lamentando difetto di motivazione in ordine al riconoscimento di profili di colpa per non avere il conducente operato la manovra di retromarcia con accortezza e mantenendo un costante monitoraggio dell’area alle sue spalle, e per difetto di motivazione in ordine al riconoscimento del rapporto di causalità materiale, essendo emerso che la morte del pedone era conseguenza della caduta a terra, dopo avere urtato con la parte posteriore del veicolo: caduta che, secondo le contraddittorie conclusioni peritali, come si è visto, non sarebbe stata comunque evitabile in ragione dei limitati spazi di arresto per il conducente del veicolo.
La manovra di retromarcia richiede ancora più cautele e attenzioni
La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi di doglianza infondati.
In particolare, gli Ermellini hanno giudicato corretto il ragionamento logico e giuridico dei giudici territoriali, secondo i quali, per citare un passo cruciale della sentenza impugnata, “la manovra di retromarcia determina una situazione di speciale pericolosità e la ricorrente aveva omesso di eseguirla con massima attenzione e cautela, tenuto conto del fatto che la visuale le era in parte ostruita dalla presenza di altri veicoli, ma che l’avvicinamento del pedone si era realizzato con una andatura lenta che avrebbe consentito al conducente, qualora avesse mantenuto un costante monitoraggio della sede stradale alle sue spalle, ovvero se si fosse fatta coadiuvare nella suddetta manovra, di evitare il contatto con il pedone”.
Per andare esenti da responsabilità la condotta della vittima deve essere imprevedibile
Ed è qui che la Cassazione ricorda e dà continuità al principio secondo il quale, in tema di omicidio stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che “la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo”.
Secondo i giudici del Palazzaccio, la Corte di appello aveva correttamente rappresentato l’insussistenza dei presupposti per riconoscere la repentinità e la assoluta imprevedibilità della condotta del pedone, che, pur muovendosi al di fuori di un attraversamento pedonale, attraversava un tratto stradale ampio, posto al centro dell’area cittadina, in pieno giorno, e che la ricorrenza di zone di ombra lungo la direttrice dell’incrocio avrebbe, tutt’al più, imposto un monitoraggio ancora più attento e accurato della sede stradale da parte del conducente.
A fronte di tali considerazioni, per la Corte di legittimità era pertanto manifestamente infondata anche la seconda doglianza, che afferiva alla sussistenza del rapporto di causalità laddove, una volta esclusa la causa indipendente, da solo sufficiente a determinare l’evento, in considerazione della assenza di eccezionalità nell’attraversamento del pedone, la circostanza che il decesso della donna fosse derivato dalla caduta a terra piuttosto che dall’urto diretto con la parte posteriore del veicolo, risultava essere stato un elemento del tutto neutro ai fini del decorso causale, tenuto conto che l’urto vi fu e, per quanto non particolarmente violento, era stato in ogni caso idoneo a determinare la perdita di equilibrio del pedone e la conseguente caduta in terra. Dunque, ricorso respinto e condanna confermata.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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