Non è ancora un “principio”, ma rappresenta certo un primo, importante precedente la sentenza della prima sezione del Tribunale di Vercelli, emessa il 3 agosto 2022 ma diffusa nei giorni scorsi, e di cui non si può non dare conto, che ha condannato la compagnia di assicurazione a risarcire i familiari di un medico di famiglia deceduto a causa del Covid indubitabilmente contratto durante la sua attività, sulla scorta della polizza infortuni attivata dal professionista, qualificando la morte come infortunio sul lavoro tutti gli effetti, anche sul piano risarcitorio.
Considerando che in Italia sono morti per Covid 375 medici, quasi la metà dei quali di medicina generale, si può quindi a maggior ragione comprendere la rilevanza della pronuncia.
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L’assicurazione rigetta la domanda di indennizzo della figlia di un medico deceduto per covid contratto al lavoro
Il dottore, che aveva 65 anni, dopo svariati anni di lavoro all’ospedale aveva deciso di uscire dall’ambito ospedaliero per dedicarsi alla professione di medico di base esercitata a Vercelli. Durante la pandemia non si era “tirato indietro” e, pur sapendo del rischio che correva, aveva continuato a seguire da vicino e a domicilio i suoi pazienti, compresi quelli che aveva all’interno di varie case di riposo dove, com’è noto, sono esplosi innumerevoli focolai. Ed è proprio qui, da uno degli ospiti di una Rsa, che il medico con ogni probabilità è rimasto contagiato nell’ottobre 2020, e non ce l’ha fatta: è deceduto il 18 novembre 2020.
La figlia aveva quindi chiesto il risarcimento all’assicurazione con la quale il padre aveva stipulato l’apposita polizza infortuni professionale ritenendo che l’infezione da Covid-19 fosse inquadrabile a pieno titolo come infortunio sul lavoro o, comunque, fosse causa rientrante tra quelle coperte dalla polizza stessa, ma la compagnia aveva rigettato la richiesta non considerando il contagio da coronavirus come, appunto, infortunio sul lavoro ma semplice malattia, e arrivando anche a mettere in dubbio che la vittima fosse stata contagiata sul luogo di lavoro.
I familiari fanno causa e il Tribunale dà loro ragione: il contagio è a tutti gli effetti infortunio sul lavoro
Di qui la causa intentata dalla figlia avanti il Tribunale di Vercelli, che ora le ha dato ragione piena. I giudici hanno innanzitutto ritenuto ampiamente dimostrato come il dottore stesse svolgendo effettivamente e in concreto la propria attività professionale in un contesto di rischio elevatissimo fino al momento del contagio, assistendo pazienti e anche soggetti ricoverati nelle Rsa, una delle quali, in particolare, caratterizzata da un’altissima concentrazione di casi di positività. Dunque, per il Tribunale era risultato provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il dottore aveva contratto il Covid-19 sul luogo e in occasione di lavoro.
Ma, soprattutto, i giudici hanno stabilito che la morte da Covid è infortunio sul lavoro in virtù della Decreto legge 17 del marzo 2020, relativo alle misure di potenziamento del sistema sanitario varate per fronteggiare l’emergenza epidemiologica in atto. “A seguito dell’introduzione di aloe norma – si chiarisce nella sentenza -, l’infezione da Coronavirus avvenuta in occasione di lavoro è quindi considerata infortuno a tutti gli effetti e non malattia”, come peraltro fa l’Inail che classifica i cosiddetti contagi di natura professionale in tutto e per tutto nell’ambito del fenomeno infortunistico generale.
La compagnia è stata pertanto condannata a risarcire i familiari del medico con la somma di 130mila euro, 125mila a titolo di indennizzo come previsto in polizza, più cinquemila di interessi maturati per il ritardo nella liquidazione.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Infortuni sul LavoroCondividi
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