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Quando l’Ente gestore di una strada è chiamato a rispondere di un incidente determinato o concausato da lacune e omissioni dovute a cattiva manutenzione o mancati interventi di messa in sicurezza? Interessante in tal senso l’ordinanza n. 5999/24 depositata il 6 marzo 2024 dalla Cassazione, che si è occupata di uno degli innumerevoli casi sul genere.

Automobilista cita Anas per i danni di un incidente causato dalle cattive condizioni della strada

La proprietaria e il conducente di un’auto avevano citato in giudizio avanti il tribunale di Vibo Valentia l’Anas per accertarne la responsabilità in relazione al sinistro loro occorso nell’agosto del lontano 2005, e causato a loro dire dalle cattive condizioni del manto stradale sulla Statale 182 in direzione Sorianello, con conseguente condanna al risarcimento dei danni. Il giudice tuttavia, dopo aver qualificato la domanda come rientrante nell’ambito di applicazione dell’art.2051 cod. civ., l’aveva rigettata e lo stesso aveva fatto la Corte d’appello di Catanzaro con il gravame proposto dai danneggiati.

I quali hanno allora presentato ricorso anche per Cassazione lamentando innanzitutto il fatto che la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente interpretato il disposto del citato art. 2051 in punto di sussistenza del nesso causale tra la condizione della strada e l’evento occorso. I ricorrenti hanno quindi censurato la sentenza impugnata anche per avere ritenuto che il conducente della vettura fosse stato sanzionato per la imprudente condotta di guida e hanno infine battuto sulla mancata valutazione da parte dei giudici di merito del verbale redatto dai carabinieri che avevano rilevato il sinistro, dal quale risultava che il fondo stradale versava in pessime condizioni per l’umidità, con conseguente perdita del controllo della macchina.

 

La Suprema Corte chiarisce in merito alla responsabilità per custodia delle strade

La Suprema Corte, in premessa e con l’occasione, ha ritenuto di richiamare, di qui anche la valenza dell’ordinanza, i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’ art. 1227, comma 1, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro

Un principio di diritto, a più riprese ribadito e “ancor più di recente riaffermato, statuendosi che la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha natura oggettivain quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. o, indefettibilmente, la seconda dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole” proseguono i giudici del Palazzaccio, ricordando anche che “la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro da quei soli vizi logici o giuridici”.

 

Nello specifico la condotta imprudente del conducente aveva avuto “rilevanza causale esclusiva

Premesso questo e passando al caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato in quanto infondati tutti i motivi di doglianza, a cominciare dal primo, perché, “sebbene la colpa dei danneggiati venga solo ellitticamente od implicitamente individuata dalla corte territoriale e, del resto, potendo anche qui in linea generale ribadirsi che non tutto ciò che accade sulla strada accade a causa della strada e che il fondo stradale viscido doveva indurre a condotta adeguata di guida proprio l’utente, l’elisione del nesso causale con la cosa custodita, in base pure alla reputata carenza di prova sull’esatta dinamica del sinistro, è ricostruita con argomentazioni che restano qui non censurabili. E inoltre, la doglianza risulta inconferente rispetto alla dimostrazione dell’oggettiva pericolosità della strada statale in quel tratto e il fatto che il fondo stradale fosse bagnato e non vi fosse asfalto drenante non conferiscono alcunché sul punto” spiega la Cassazione, rilevando anche come i ricorrenti non avessero neppure dedotto se, “in relazione all’essere accaduto il sinistro nelle ore serali, la condizione di umidità, pure rilevata dai carabinieri nel verbale redatto successivamente, fosse dovuta a eventi metereologici sfavorevoli ed eventualmente estremi, quali pioggia o grandine, o allo scendere dell’umido di sera, specie in zone boscose”: dunque, chi lamenta la responsabilità in custodia dell’Ente gestore, deve produrre prove, documenti e attestazioni ben circostanziate a supporto delle proprie tesi.

Non risulta nemmeno, dall’argomentare dei ricorrenti, quali fossero state le richieste istruttorie rigettate dal Tribunale, e non riproposte in fase d’impugnazione, al fine di dimostrare le condizioni intrinsecamente pericolose di quel tratto della Strada Statale 182 da essi percorso e risultando, peraltro, incontestato che, in relazione alle condizioni di tempo e di luogo (ore serali e umidità del fondo stradale), la condotta di guida doveva necessariamente essere improntata alla massima prudenza” osservano ancora gli Ermellini.

La Suprema Corte, quando al secondo motivo, rileva anche come in ogni caso “la circostanza dell’essere il fondo stradale bagnato non è idonea a provare la sussistenza del nesso causale, ove la si correli alla necessità incontroversa di una condotta di guida prudente proprio in relazione alla situazione di umidità, la cui carenza è stata, con evidenza, posta dalla corte territoriale a fondamento dell’elisione del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso: la valutazione del fatto dell’essere il fondo stradale viscido vi è stata e si è concretizzata in un apprezzamento di fatto da parte dei giudici territoriali” conclude la Cassazione, confermando il rigetto della domanda risarcitoria.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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