Chi causa un incidente, per di più mortale, mancando la precedenza non può pretendere di andare assolto perché la vittima, nello specifico un motociclista, non rispettava i limiti perché l’alta velocità di una moto rientra nel “rischio ordinario” da circolazione stradale e va quindi messa in preventivo. A ribadire questo concetto la Cassazione, quarta sezione penale, con la sentenza n. 9903/24 depositata l’8 marzo 2024.
Indice
Conducente di un furgone condannato per omicidio stradale
A ricorrere alla Suprema Corte è stato il conducente di un furgone di cui la Corte d’Appello di Bologna, in solo parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la penale responsabilità per aver cagionato, per colpa generica oltre che con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (segnatamente gli articoli 140 e 145 del Codice della Strada), un incidente a seguito del quale era deceduto, per le gravi lesioni riportate, un motociclista. Alla condanna per il reato di omicidio stradale era anche conseguita la conferma delle statuizioni civili e, in particolare, della condanna generica, in solido, dell’imputato e della responsabile civile, ossia la compagnia di assicurazione del suo veicolo, al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili.
L’imputato girando a sinistra a un incrocio aveva mancato la precedenza ad un motocilista
Al conducente del furgone si ascriveva di aver impegnato un incrocio con il suo mezzo, su una strada con unica carreggiata e una corsia per senso di marcia, effettuando la manovra di svolta a sinistra senza rispettare la precedenza dovuta al centauro, che sopraggiungeva nel senso opposto di marcia e che, sbalzato dalla moto nel disperato tentativo di evitare la collisione, era poi deceduto a seguito delle pesanti lesioni riportate nell’impatto contro il furgone e poi nella rovinosa caduta sull’asfalto.
Per l’automobilista l’eccessiva velocità della vittima avrebbe interrotto il nesso causale del reato
La Corte territoriale aveva riconosciuto il concorso di colpa della vittima che procedeva a velocità sostenuta oltre i limiti prescritti in quel tratto di strada ma l’imputato, tra i vari motivi di doglianza sottoposti alla cassazione (ha lamentato anche la violazione di legge circa l’accertamento della condotta alternativa lecita), ha censurato il fatto che i giudici si fossero “limitati” a riconoscergli, nel capo d’accusa del reato di omicidio stradale, articolo 589 bis c.p., l’attenuante di cui al comma 7, che fa appunto riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione od omissione del colpevole.
Secondo il ricorrente questa violazione da parte del motociclista avrebbe interrotto il nesso eziologico tra la sua condotta e il sinistro e, in ogni caso, il trattamento sanzionatorio nei suoi confronti sarebbe stato eccessivo in relazione al suo grado di responsabilità per la mancata considerazione del grado di corresponsabilità della condotta tenuta dalla persona offesa.
La Cassazione respinge la doglianza, l’alta velocità di una moto rientra nel rischio ordinario
Ma la Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso ritenendo corretta la valutazione effettuata dai giudici di merito circa l’inidoneità della condotta tenuta dal conducente del ciclomotore nell’interrompere il nesso causale del reato ex art. 589 bis, e questo (anche) perché l’alta velocità di una moto non rappresenta una circostanza eccezionale ma rientra nel “rischio ordinario della circolazione stradale” e come tale prevedibile e di cui tenere assolutamente conto, tanto più per chi operi una svolta a sinistra, che ha effettuata in tutta sicurezza per se stessi e gli altri, e sia tenuto a concedere la precedenza.
D’altra parte la stessa Cassazione, basti vedere la sentenza n. 39479 del 19 ottobre 2022, ha più volte rammentato che il cosiddetto principio dell’affidamento, “in virtù del quale ciascun utente della strada può confidare nel rispetto del generale obbligo di prudenza previsto dal Codice della strada, è temperato dal principio opposto secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità. Pertanto, il conducente di un veicolo, nell’impegnare un crocevia, deve prefigurarsi anche l’eccessiva velocità da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità”.
Dunque, condanna confermata per l’imputato.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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