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L’inchiesta ha accertato l’inadeguatezza del guardrail che non ha trattenuto l’auto della vittima e il Pm ha chiesto due anni, ma per il Gup di Cassino il fatto non costituisce reato
Il consulente tecnico della Procura era stato chiaro: se il guardrail di quel cavalcavia fosse stato “correttamente collegato nel suo sviluppo” la Grande Punto di Antonello Gerilli sarebbe stata di certo trattenuta sulla strada e non avrebbe fatto quel volo fatale di oltre dieci metri. Del resto, anche un profano avrebbe concluso che quella “barriera sbullonata” non poteva esercitare la sua funzione. Eppure, almeno per ora, nessuno risponde penalmente di questa grave omissione costata una vita. Il “fatto c’è”, la battaglia continuerà, senza dubbio sul fronte civile ma potrebbe riaprirsi anche quello penale se la Procura impugnerà la sentenza, e tuttavia “non costituisce reato” secondo il Gup di Cassino Domenico Di Croce che, all’esito dell’udienza di ieri, 31 maggio, ha mandato assolto l’unico imputato, del reato di omicidio stradale, per la morte del 58enne di Villa Santa Lucia, il 27 ottobre 2019 a Piedimonte San Germano (Fr): Claudio Ferracci, 56 anni, rinviato a giudizio quale direttore del Consorzio Asi Frosinone proprietario del cavalcaferrovia che sovrappassa la tratta Roma-Napoli (via Pistillo) dove si è consumata la tragedia. La vittima aveva perso il controllo della sua vettura ed era finito contro la barriera di protezione che però, irregolare e non manutentata, aveva ceduto, l’auto era precipitata di sotto e il conducente non ha avuto scampo.
Era parso subito evidente che i dispositivi di trattenuta erano lacunosi, in primis ai suoi congiunti, che per fare piena luce su fatti e responsabilità, tramite il responsabile della sede di Roma, Angelo Novelli, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha ispezionato il tratto transennato appurando come le barriere fossero fissate con un perno ai sostegni piantati a terra sul cemento, ma i fascioni non fossero collegati tra loro con i bulloni di fissaggio, mancanti quasi del tutto. Criticità notate pure da carabinieri e polizia locale: il sindaco Giacchino Ferdinandi il 29 ottobre, troppo tardi per Gerilli, con un’ordinanza aveva imposto il divieto di transito sul ponte ferroviario e la messa in sicurezza “a Rfi, esecutore dell’opera”, e “Asi Frosinone quale Ente proprietario dell’area”. A fugare ogni dubbio la perizia cinematica affidata dal Pm della Procura di Cassino iniziale titolare del procedimento penale, Eugenio Robolino, all’ing. Lucio Pinchera, il quale ha accertato che la causa tecnica dell’innesco dell’incidente andava ascritto alla perdita di controllo dell’auto ma sottolineato come “concorre sul profilo dell’esito la condotta omissiva degli organi apicali che hanno appaltato e non verificato il progetto, il Consorzio Asi di Frosinone, e concesso l’agibilità al traffico e preso in carico il tratto per il collegamento tra aree interne, il Comune di Piedimonte. L’installazione della barriera è manifestamente irregolare, contraria alle norme tecniche costruttive delle strade e alle più elementari regole di buona tecnica. Non collegando tra loro i nastri della barriera è venuta a mancare la tenuta in sé e la contiguità strutturale del sistema, presupposti base perché tale dispositivo assolva la sua funzione. Estesi tratti risultano privi dei serraggi anche nel numero massimo di otto. Lo stesso stato di rinvenimento del reperto proiettato nel sottostante piano erboso con il veicolo dimostra che lo specifico tratto di nastro lungo 4 metri non era stato agganciato agli elementi precedente e successivo”. Per il Ctu si configurava “a carico dei responsabili apicali del Consorzio Asi, quale organismo appaltante, e del Comune di Piedimonte il reato di omicidio colposo stradale”. Questi soggetti “possono essere chiamati a rispondere d’inadeguata realizzazione, verifica, collaudo e custodia del bene: la mancata contiguità della protezione stradale si è concretizzata come un’insidia non visibile per l’utente, ma prevedibile per i suoi potenziali effetti per chi ha realizzato l’opera, non verificato il collaudo, concesso l’apertura al traffico e rilasciato il permesso di agibilità”. Una fuoriuscita stradale infatti non è circostanza “abnorme” ma un evento prevedibile, rileva Pinchera, concludendo con l’affermazione chiave: “l’analisi incidentologica dimostra che la presenza della barriera correttamente collegata nel suo sviluppo avrebbe reindirizzato il veicolo evitandone la precipitazione”.
Il dott. Robolino ha quindi indagato prima il sindaco di Piedimonte, salvo poi archiviarne la posizione dopo aver accertato che il cavalca-ferrovia, per quanto strada a uso pubblico, era di proprietà del Consorzio e non era mai avvenuto alcun formale passaggio al Comune, e poi Ferraci per il quale, a chiusura delle indagini preliminari, ha chiesto il rinvio a giudizio “perché, nella qualità di responsabile del Consorzio Asi di Frosinone, quale ente che ha progettato il cavalca ferrovia al km 129+593 della tratta ferroviaria Roma-Napoli, lungo la via Pistillo di Piedimonte San Germano, ometteva di effettuare i dovuti controlli statici dell’infrastruttura a mezzo di proprio personale tecnico e disattendeva i disposti di cui alla Direttiva Ministeriale del 25.8.04 quanto all’obbligo del controllo dell’efficienza e sorveglianza della strada in attuazione del D.M. 21.06.04 circa la modalità di protezione dei ponti, dei D. M. 28.6.11 e n. 223/92 circa l’installazione corretta di un adeguato dispositivo di ritenuta, provocando con tali condotte lo sfondamento del guardrail e il precipitare dell’auto con conseguente morte di Antonello Gerilli (…) La presenza della barriera correttamente collegata nel suo sviluppo avrebbe reindirizzato il veicolo evitando la precipitazione e quindi il decesso”. Richiesta riscontrata dal Gup con la fissazione dell’udienza preliminare, il 26 ottobre 2021, in cui l’imputato ha chiesto il rito abbreviato.
Si è arrivati all’udienza di ieri in cui la nuova Pm assegnataria del fascicolo, Marina Marra, ha chiesto una pena di due anni per il direttore, e per la condanna si è battuto anche l’avv. Vincenzo Cortellessa che assiste i familiari di Gerilli con Studio3A, ma il giudice deve aver dato credito al “ragionevole dubbio” circa un suo profilo di colpa soggettivo insinuato dai difensori dell’imputato, che hanno sostenuto come la gestione di fatto del ponte fosse in capo al Comune. Comprensibile l’amarezza dei familiari: in aula c’era uno dei fratelli, costituitosi parte civile. Entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni e, dopo averle vagliate, Studio3A e l’avv. Cortellessa decideranno come agire, ma la formula dell’assoluzione, che non contesta “il fatto”, rappresenta una base solida per proseguire la battaglia in sede civile, per ottenere un equo risarcimento per i congiunti, sin qui negato da Asi e dalla sua compagnia d’assicurazioni Generali, ma anche per rendere un po’ di giustizia ad Antonello Gerilli. Senza contare poi l’auspicio che la Procura, analizzate a sua volta le motivazioni, decida di appellare la sentenza o di andare fino in Cassazione.
Caso seguito da:
Angelo Novelli
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