Ostacoli materiali finiti sulla carreggiata e rimossi in ritardo sì, cellophane vaganti, no. L’ordinanza n. 42085/21 depositata dalla Cassazione il 30 dicembre 2021 è utile per far capire quando ed entro che limiti si possa chiedere il risarcimento all’ente gestore di una strada per omessa custodia e in cosa consista il cosiddetto caso fortuito.
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Un motociclista caduto a causa di un involucro di cellophane finitogli sulle ruote cita l’Anas
La vicenda riguarda un motociclista il quale, mentre procedeva lungo un tratto autostradale nel quale vi erano lavori in corso in sella alla sua moto, aveva avuto la sventura di intercettare, per l’appunto, un involucro di cellophane fuoriuscito all’improvviso dal veicolo che lo precedeva e che si era quindi agganciato alla ruota anteriore della motocicletta, provocandone la perdita di aderenza e la successiva, rovinosa caduta dalla quale aveva riportato pesanti lesioni fisiche.
Il danneggiato aveva citato in causa l’Anas avanti il Tribunale di Taranto chiedendo i danni, quantificati in oltre 234mila euro, e il giudice ne aveva parzialmente accolto la domanda riconoscendogli un risarcimento di 76mila euro, oltre interessi. Anas aveva tuttavia appellato la sentenza e la Corte d’appello di Taranto, con pronunciamento del 22 gennaio 2019, aveva accolto il gravame dell’Ente gestore respingendo l’istanza risarcitoria.
Richiesta danni respinta dalla Corte d’Appello, secondo la quale ricorreva il caso fortuito
Secondo la Corte territoriale nello specifico ricorreva il caso fortuito perché, sia che l’involucro di cellophane di medie dimensioni fosse fuoriuscito dalla parte sottostante del veicolo che precedeva il motociclo, come aveva sostenuto il danneggiato, sia che provenisse dal guardrail, come aveva dichiarato un testimone, doveva escludersi l’applicabilità dell’art. 2051 cod. civ. “in relazione a situazioni pericolose provocate dagli stessi utenti della strada ovvero da un’imprevedibile o inopinata alterazione dello stato delle cose, rispetto alla quale nessuna condotta era esigibile dall’ente preposto alla custodia”. In sostanza, per la Corte territoriale la busta di plastica vagante dinanzi alla ruota del motociclo non poteva essere in nessun modo ricondotta a un’insidia direttamente collegabile ad una negligenza del custode.
Il danneggiato ricorre per Cassazione contestando il caso fortuito
A questo punto è stato il motociclista a proporre ricorso per cassazione, con svariati motivi di doglianza. In particolare, il ricorrente ha lamentato il fatto che la Corte territoriale avesse ritenuto che una busta di plastica vagante dinanzi alla ruota del motociclo non potesse essere in nessun modo ricondotta ad un’insidia direttamente collegabile ad una negligenza del custode.
Ma per la Suprema corte il motivo è infondato in quanto, spiegano gli Ermellini, “il fondamento della decisione si coglie proprio nell’attributo “vagante”, il quale adeguatamente fornisce la giustificazione del perché, secondo il giudice di merito, la presenza della “busta” non era ricollegabile ad una negligenza del custode”.
Nessuna prova, poi, che l’oggetto provenisse dal cantiere autostradale
Interessante anche i chiarimenti della Suprema Corte sulla doglianza del danneggiato secondo il quale i giudici di appello avevano omesso di esaminare il fatto storico che egli aveva allegato nell’atto di citazione e che sarebbe stato di estrema rilevanza, e cioè che nel periodo in questione, su quel tratto di strada erano in corso lavori di manutenzione straordinaria per la collocazione di barriere cosiddette new jersey. Per il ricorrente, se la corte territoriale avesse esaminato la circostanza del cantiere, ne avrebbe tratto di certo la conseguenza che l’involucro di cellophane era verosimilmente materiale di risulta del cantiere stesso.
Anche queso motivo, però, è inammissibile per la Cassazione. “Il fatto storico, di cui il giudice di merito avrebbe omesso l’esame, costituisce, secondo l’assunto del ricorrente, un fatto secondario sulla cui base presumere l’esistenza della responsabilità del custode – spiegano i giudici del Palazzaccio – In particolare, il fatto noto sarebbero i lavori di manutenzione straordinaria sul tratto di strada in questione ed il fatto ignoto, da esso desumibile in via presuntiva, sarebbe il nesso di causalità fra il danno e la cosa in custodia”.
Mancano nella presunzione i requisiti di gravità, precisione e concordanza
Gli Ermellini ammettono che per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida “non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit”.
Tuttavia, sottolinea anche la Cassazione, “la fattispecie deve essere suscettibile di sussunzione entro l’ipotesi legale di cui all’art. 2729 cod. civ. sotto il profilo dell’esistenza in concreto dei requisiti di gravità, precisione e concordanza”. Nello specifico, la mancanza di qualsiasi elemento di collegamento dell’involucro di cellophane con i lavori sul tratto di strada “rende la deduzione una mera ipotesi, impedendo l’astratta sussumibilità nella fattispecie di cui al detto art. 2729. Una presunzione giuridicamente valida non può fondarsi su dati meramente ipotetici, ma, trattandosi di una deduzione logica, deve essere desunta da fatti certi sulla base di massime di esperienza o dell’id quod plerumque accidit; al contrario, la congettura è una mera supposizione che si ricava da fatti incerti in via di semplice ipotesi”. Pertanto, non essendo ravvisabile sul piano qualificatorio l’esistenza del fatto noto suscettibile di inferenza presuntiva, “il fatto storico, di cui si denuncia l’omesso esame, è privo di decisività”.
Infine, nessun onere della prova in capo al gestore avendo già il giudice deciso per il fortuito
Infine, la Suprema Corte ha rigettato anche il motivo con cui il centauro sosteneva la tesi che il giudice deve accertare l’esistenza del caso fortuito sulla base di quanto allegato e provato dal custode, su cui incombe l’onere della prova: nella specifico, invece, Anas aveva ritenuto di assolvere il proprio onere probatorio sulla base di una massima di esperienza, quale quella che gli automobilisti spesso gettano dai finestrini involucri di cellophane di quelle dimensioni, massima in realtà non vera.
“Le regole sull’onere della prova – conclude la Cassazione – hanno carattere residuale, in quanto trovano applicazione nel caso di fatto rimasto ignoto. Ove il giudice di merito abbia positivamente accertato la circostanza, tali regole non vengono in rilievo. Nel caso di specie, all’esito dell’istruttoria non vi è un fatto ignoto che abbia imposto per la risoluzione della controversia di attingere alla regola dell’onere della prova, perché il giudice di merito ha giudicato esistente il presupposto di fatto del caso fortuito, identificandolo nel carattere “vagante” del corpo in plastica. La regola sull’onere della prova non trova quindi applicazione”. Per la cronaca anche gli altri motivi di censura son stati rigettati e il ricorso respinto.
Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi
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