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 E’ una decisione quasi storica per le persone diversamente abili, per la loro “inclusione” e per il loro diritto di poter circolare liberamente su tutte le strade del Paese quella pronunciata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24015/2022 depositata il 3 agosto 2022, che ha annullato due sanzioni comminate dal Comune di Milano a un automobilista di Rho dotato di regolare pass per invalidi per aver attraversato delle zone a traffico limitato senza aver segnalato preventivamente il suo numero di targa agli uffici.

Il principio affermato dalla Suprema Corte, seconda sezione civile, è duplice: il pass vale in tutto il territorio nazionale, è indifferente quale comune lo abbia rilasciato e dove risieda il possessore, e, soprattutto, chi l’ha ricevuto, una volta sia stato accertato il suo diritto a beneficiarne e che lo abbia esibito nel parabrezza del suo veicolo, non è tenuto a dare preventiva comunicazione del suo “passaggio” agli uffici del comuni interessati a suoi spostamenti, perché questo lo graverebbe di una ulteriore e ingiustificata incombenza burocratica e contrasterebbe con lo spirito della normativa nazionale, che è quello di favorire appunto la circolazione su tutto il territorio nazionale delle persone con difficoltà nella deambulazione. Semmai, saranno i comuni a doversi attrezzare tecnologicamente con i dispositivi di controllo delle Ztl per verificare la presenza dei contrassegni.

Automobilista con regolare permesso per invalidi impugna due multe del Comune di Milano

Il protagonista della vicenda, peraltro un avvocato, aveva proposto ricorso contro due verbali di accertamento con i quali la polizia municipale di Milano gli aveva contestato la violazione dell’articolo 7, comma 14, del Codice della Strada per aver circolato nei giorni 8 e 11 novembre 2016 nella corsia riservata ai mezzi pubblici benché agli accessi fossero esposti i segnali indicanti il divieto di transito.

Sia il giudice di Pace meneghino sia, in secondo grado, nel 2019, il Tribunale di Milano avevano rigettato l’opposizione confermando i verbali impugnati. I giudici avevano dato atto, preliminarmente, che l’ordinanza sindacale n. 441 del 24 aprile 2015 e la determinazione dirigenziale n. 51/2015 (modificata dalla successiva determinazione n. 1/2016), che stabilivano i criteri di accesso alle corsie riservate al Comune di Milano, “non potevano prevalere sugli artt. 188 C.d.s. e del Regolamento di esecuzione e di attuazione del C.d.s. (d.P.R. n. 495/1992), i quali facoltizzano la persona invalida e titolare di un pass regolarmente rilasciato al Comune a circolare nelle zone a traffico limitato”: nello specifico, infatti, il ricorrente aveva impugnato il procedimento appunto in virtù del fatto di essere dotato di regolare pass per disabili che gli avrebbe dato il diritto di circolare liberamente anche nelle zone a traffico limitato.

Infatti, il Comune di Milano, osservavano i giudici, aveva provveduto ad individuare, con ordinanza sindacale, le categorie alle quali consentire l’accesso e la circolazione nelle corsie riservate ai veicoli di pubblico trasporto e nelle Ztl e tale potere era riconosciuto al Sindaco dallo stesso art. 7, comma 1, lett. b), c.d.s., il quale, per rammentarlo, sancisce che nei centri abitati i Comuni possono – per l’appunto, con ordinanza sindacale – “limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale.

 

Secondo il Tribunale, il possessore del pass doveva comunicare prima il numero di targa

Il giudice d’appello aveva rilevato altresì che tale potere riconosciuto ai Comuni ed esercitato mediante ordinanze sindacali non si poneva in contrasto con la legge, ma trovava fondamento in essa. In particolare, il Comune di Milano, con l’ordinanza sopraindicata, aveva subordinato l’esercizio del diritto di transito e circolazione dei veicoli con a bordo persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta a vari obblighi, tra cui quello di comunicare la targa del veicolo prima dell’utilizzo. Tale condizione aveva lo scopo di permettere al Comune stesso di inserire la targa all’interno della banca dati predisposta dall’Amministrazione, consentendo in questo modo ai sistemi di rilevamento automatico il riconoscimento dei veicoli autorizzati al transito nelle suddette aree, mentre nel caso in cui il pass fosse stato rilasciato da un diverso Comune, la comunicazione doveva essere effettuata al componente ufficio comunale al primo accesso.

Nel caso di specie, invece, il figlio del ricorrente, titolare del pass per disabili rilasciato dal Comune di Rho, avrebbe circolato nella corsia riservata ai mezzi pubblici, utilizzando l’auto del padre, senza aver preventivamente provveduto alle suddette comunicazioni mediante la procedura prevista dal Comune stesso, né si sarebbero potute considerare sufficienti le comunicazioni del 9 novembre 2016 all’ufficio MTA Pass Disabili, in cui egli affermava di non disporre temporaneamente del veicolo associato a tale permesso e che stava utilizzando l’autovettura intestata al proprio padre, avendo tale comunicazione valenza unicamente per i giorni 9 e 10 novembre 2016 e che avrebbe dovuto trasmettere tali comunicazioni preventivamente al relativo accesso.

Pertanto, risultava evidente – ad avviso del Tribunale milanese – che il soggetto sanzionato conoscesse effettivamente la disciplina vigente nel Comune di Milano in materia di circolazione dei disabili. Né – aveva aggiunto, infine, il giudice di appello – avrebbe potuto, nel caso di specie, trovare applicazione la giurisprudenza di legittimità richiamata dall’appellante, “siccome ponente riferimento al diverso tema dell’utilizzabilità del contrassegno rilasciato da un Comune per l’accesso alla Ztl di un diverso Comune, non essendo tale circostanza in discussione, e vertendo il giudizio di secondo grado sulla valutazione di legittimità di una determinazione dirigenziale, regolante l’accesso del disabile richiedendo un‘apposita comunicazione, necessaria ai fini di controllo”.

 

Il pass dà diritto al disabile di circolare anche sulle corsie riservate in tutta Italia

L’opponente alla sanzione tuttavia non si è dato per vinto e ha proposto ricorso anche per Cassazione denunciando innanzitutto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 38 del c.d.s. 1992, sul presupposto che il giudice di secondo grado aveva erroneamente affermato che la comunicazione pretesa dal Comune di Milano dovesse essere effettuata ex ante, ritenendo irrilevante – e, comunque, non ammessa – la comunicazione effettuata nelle 48 ore successive.

Inoltre, il ricorrente censurava, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 188 c.d.s. 1992 e dell’art. 381 del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione, con riferimento all’art. 7, comma 1 e 9, dello stesso c.d.s., sostenendo che il Tribunale di Milano aveva erroneamente ritenuto che il potere del sindaco di consentire l’accesso e la circolazione nelle corsie riservate derivasse dal citato art. 7, comma 1, lett. b), c.d.s. .

Per la Suprema Corte i motivi sono fondati. Secondo la Cassazione, infatti, la sentenza impugnata è effettivamente incorsa nella denunciata violazione dell’art. 381, comma 2, reg. es. c.d.s., in correlazione con l’art. 7 c.d.s., dal momento che la prima norma (da correlare alle disposizioni di cui agli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 503/1996, regolanti, in modo specifico, la “circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone disabili”) “conferisce all’invalido un diritto personale di poter circolare, su tutto il territorio nazionale e anche nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, con il solo onere di esporre il contrassegno che denota, per l’appunto, la destinazione del mezzo di servizio della persona disabile”, circostanza, questa, che non risultava oggetto di contestazione”.

 

L’unico onere è quello di esibire il permesso in auto

Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale meneghino, il richiamo all’art. 7, comma 1, lett. b), del c.d.s., proseguono i giudici del Palazzaccio, “attiene all’esercizio di un potere regolamentare del Comune di ordine generale che permette di riservare determinate strade alla circolazione di veicoli adibiti a servizi pubblici di trasporto, al fine di favorire la mobilità urbana, ma non consente di derogare alle norme imperative, come quella propriamente contemplata nel comma 2 dell’art. 381 reg. es. c.d.s”. Ne consegue che l’affermato principio, consistente nel subordinare la legittimità della circolazione del disabile, avente a tal proposito diritto ai sensi della citata norma, all’aver provveduto alla preventiva registrazione-comunicazione della targa al competente ufficio del Comune di Milano, “è errato dal punto di vista giuridico (diventando ultronea la valutazione della legittimità o meno del titolare del pass di aver provveduto a tale comunicazione solo nelle 48 ore successive al transito nelle aree riservate, quando non vi abbia assolto preventivamente)”

In tema di sanzioni amministrative, sottolineano ulteriormente gli Ermellini, alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 503 del 1996 e nell’art. 381, comma secondo, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale, di cui al d.P.R. n. 495 del 1992, il cosiddetto contrassegno invalidi”, che autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotte anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane, “è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo sul veicolo adibito in quel momento al suo servizio e, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale”.

Pertanto, asseriscono con forza i giudici del Palazzaccio, “l’esercizio di tale diritto non può essere condizionato dal preventivo assolvimento di un onere informativo ulteriore a favore dell’ente comunale, che non trova un espresso fondamento in un dato normativo specifico, dal momento che lo stesso non è riconducibile alla previsione generale di cui all’art. 7 c.d.s., con il quale è stabilito che, nei centri abitati, i Comuni possono, con ordinanze sindacali, limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze”.

 

Non può frapporsi alcun ostacolo alla libera circolazione delle persone con mobilità limitata

A questo punto la Cassazione precisa anche sulla sentenza della stessa Suprema Corte, n. 1127 8/2001, richiamata come precedente dalla difesa del Comune controricorrente, chiarendo che essa riguardava il caso specifico, “che si discosta, in modo evidente, da quello oggetto del presente giudizio, assoggettato ad una disciplina speciale”, della riconosciuta legittima adozione di un’ordinanza sindacale ai fini di limitare la sosta di autocaravan” in una determinata località”.

Tale disposizione, che si riferisce all’esercizio di un potere regolamentare generale dell’autorità sindacale, non implica affatto che, nella sussistenza di tutte le condizioni di legge di cui alle richiamate norme, possano essere imposte condizioni eccedenti rispetto a quelle dalle stesse previste. Né dal complesso normativo racchiuso nel menzionato art. 381 del regol. c.d.s. si evince una disposizione che legittimi la deroga alle stesse disposizioni normative in senso maggiormente oneroso per le persone invalide” prosegue la Cassazione, che evidenzia anzi come, dopo aver sancito – al suo primo comma – l’obbligo in capo agli enti proprietari della strada di allestire e mantenere funzionali ed efficienti tutte le strutture per consentire ed agevolare la mobilità dei soggetti invalidi, “nei suoi commi successivi risultano disciplinate le modalità di rilascio del pass invalidi, avente natura e funzione di un’autorizzazione in deroga”, la quale deve essere resa nota attraverso l’esposizione – nella parte anteriore del veicolo – del contrassegno invalidi, “senza che però possano essere imposti ulteriori obblighi con ordinanze degli enti locali implicanti la comunicazione preventiva della targa dei veicolo utilizzato per il trasporto della persona invalida, la cui mancata osservanza non può, perciò, determinare la configurazione della violazione dell’art. 7, comma 14, c.d.s.”

 

L’inadeguatezza dei sistemi di controllo automatizzato sulle Ztl non giustifica oneri aggiuntivi

Ed è appunto a questo principio che dovrà uniformarsi il giudice di rinvio. “Non può, infatti, frapporsi alcun ostacolo – sentenzia infine la Cassazione – alla libertà di locomozione del soggetto disabile fondato sull’addotta inadeguatezza del sistema di controllo automatizzato dell’ente locale territoriale, essendo, anzi, onere di tale ente di procedere all’approntamento di meccanismi automatizzati tali da essere idonei alle necessarie verifiche della legittimità di tale circolazione (come, ad es., tramite la verifica automatizzata del tagliando esposto sul parabrezza), potendo, altresì, i Comuni attivare un sistema di condivisione in rete delle informazioni sul rilascio dei contrassegni per gli invalidi”.

L’autorizzazione in questione, infatti, è diretta a ridurre il più possibile gli impedimenti deambulatori “e non può trovare ostacoli generati dalle difficoltà organizzative dell’ente territoriale di transito, diverso da quello di rilascio, il quale non può porre limitazioni non previste dalla legge. Pertanto, nel caso in cui il controllo automatico sia stato effettuato in modo tale da non essere in grado di rilevare la presenza del tagliando da esibire sul cruscotto, ove il predetto ente non intenda esporsi al rischio di elevare verbali di accertamento sul presupposto erroneo che la circolazione non era autorizzata, dovrà predisporre apposite modalità di accertamento, nella logica della leale collaborazione con l’utente stradale affetto da disabilità legalmente riconosciuta, senza, però, imporre a quest’ultimo oneri od obblighi ulteriori che non trovano supporto in specifiche prescrizioni normative”.

Dunque, ricorso accolto, sentenza cassata e rinvio della causa al Tribunale in composizione monocratica di Milano, in persona di altro magistrato.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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