Così come quello del sole, anche l’abbagliamento causato da un altro veicolo non sminuisce le responsabilità del conducente che investa un pedone.
Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n. 42019/22, depositata l’8 novembre 2022. con cui ha confermato la condanna per omicidio stradale di una automobilista.
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Automobilista condannata peer omicidio stradale per aver investito un pedone sulle strisce
Con pronunciamento del 2021, la Corte d’Appello di Napoli, confermando peraltro la sentenza di primo grado del Tribunale di Caserta, aveva condannato appunto per il reato di cui all’art. 589, comma bis, del codice penale una automobilista ritenuta responsabile della morte di una donna che attraversava la strada a piedi, per colpa generica ma anche specifica, consistita nella violazione degli artt. 140 e 141 del Codice della Strada.
All’imputata si contestava il fatto di aver travolto e ucciso il pedone, che era intento ad attraversare la carreggiata sulle apposite strisce pedonali, da sinistra verso destra rispetto al senso di marcia della vettura, mentre percorreva in orario serale un tratto rettilineo di una Strada Statale fiancheggiata da abitazioni e caratterizzata da attraversamenti pedonali e segnalazioni di pericolo per il possibile attraversamento di bambini, in condizioni di visibilità non ottimale ma sufficiente.
L’imputata ricorre per Cassazione adducendo a sua discolpa l’abbagliamento di un’altra auto
L’automobilista tuttavia ha proposto ricorso anche per Cassazione, con una serie di motivi, lamentando il fatto che la Corte territoriale avrebbe dichiarato la sua responsabilità senza un giudizio in merito all’evitabilità dell’evento nel caso di condotta alternativa lecita, con conseguente mancato giudizio in ordine all’accertamento della cosiddetta “causalità della colpa”.
La ricorrente ha quindi eccepito che il giudice di merito, nel ritenere la sua condotta di guida non adeguata alle condizioni spazio-temporali e alla presenza dell’attraversamento pedonale, non si sarebbe confrontato con la velocità accertata, indicata in 58 km/h e quindi entro il limite di 60 km/h che sarebbe stato prescritto in quel luogo, e ha sostenuto che in realtà l’impatto sarebbe avvenuto a distanza di circa 12 metri dalle strisce pedonali, risultate peraltro usurate, con la conseguenza che non sarebbe stata considerata l’incidenza della condotta colposa della persona offesa nella determinazione del tragico evento.
Inoltre, ed è il punto che più interessa, il travisamento, sempre in termini di omesso confronto con i dati probatori, da parte della Corte d’Appello partenopea si sarebbe sostanziato anche con riferimento alla scarsa illuminazione pubblica presente in quella zona, a causa del non funzionamento di alcuni lampioni, come avrebbero evidenziato alcuni testimoni, e soprattutto alla circostanza, da lei riferita, dell’abbagliamento che avrebbe subito ad opera di un’altra vettura che sopraggiungeva nel senso opposto di marcia e che avrebbe causato l’investimento.
Se si viene “abbagliati” dai fari altrui si deve rallentare e, all’occorrenza, fermarsi
Per la Suprema Corte tuttavia il ricorso è inammissibile. “Le censure – spiegano gli Ermellini – non colgono il fondamento dell’accertata responsabilità dell’imputata da parte dei giudici di merito”, ravvisato “nel non aver accordato al pedone attraversante sulle apposite strisce, come dichiarato in dibattimento da un testimone oculare, la dovuta precedenza, a causa di una condotta di guida caratterizzata da una velocità non consona alle condizioni della circolazione che imponeva di arrestarsi e concedere la precedenza: condotta che, se attuata nel rispetto della regola cautelare violata, avrebbe evitato l’evento” prosegue la Cassazione, ribandendo come l’imputata stesse percorrendo, di sera, una strada rettilinea con illuminazione non perfettamente efficiente in tutti i tratti, costeggiata da abitazioni e caratterizzata da attraversamenti pedonali, compreso quello utilizzato dalla vittima, “composto da strisce visibili per quattro usurate”: tutte circostanze che “avrebbero dovuto esortare la conducente ad una maggiore cautela”.
Riguardo al mancato superamento del limite di velocità, “il rispetto del limite massimo consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell’evento, come nella specie, sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’art. 141 cod. strada” riafferma la Suprema Corte, citando un proprio precedente, la sentenza n. 7093/2021, la quale aveva ritenuto esente da censure la decisione di merito che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni sempre di un pedone, del conducente di un veicolo che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva tuttavia omesso, stanti le condizioni meteorologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo.
Ma gli Ermellini, a fronte della “accertata condotta di guida pericolosa tenuta dall’imputata”, concordano con i giudici territoriali anche laddove avevano ritenuto che essa non fosse stata influenzata dall’abbagliamento ad opera di altra vettura, circostanza peraltro esclusa dal conducente di quest’ultima macchina e sostenuta solo dall’imputata.
“L’abbagliamento da parte di un veicolo incrociante può discriminare la condotta del conducente che, in conseguenza di quella circostanza, abbia determinato l’incidente, soltanto quando questi abbia proceduto con una condotta di guida che non costituisca pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose e allorché l‘abbagliamento si sia verificato in modo del tutto imprevisto ed imprevedibile – concludono i giudici del Palazzaccio – Il conducente di un veicolo che venga abbagliato dai fari di un altro veicolo procedente in senso inverso è, pertanto, tenuto a rallentare la velocità al massimo e, occorrendo, anche a fermarsi al fine di evitare l’insorgenza di una situazione di pericolo e, ove non adotti tali cautele, risponde delle conseguenti lesioni personali e dell’omicidio conseguenti ad un investimento della persona offesa, la cui eventuale colpa concorrente non esclude la responsabilità del guidatore, da intendersi, lo si ribadisce, quale soggetto deputato a governare il relativo rischio”.
Dunque, ricorso rigettato e condanna confermata.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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