In un sinistro stradale, per attribuire la causa determinante ed esclusiva dell’accaduto a uno solo dei due conducenti occorre accertare che l’altro abbia osservato tutte le norme sulla circolazione quelle di comune prudenza e abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno, viceversa si deve presumere anche una sua corresponsabilità.
E tuttavia, se anche questi abbia commesso una lieve violazione che però non ha avuto alcuna incidenza causale con il fatto, il concorso di colpa non gli sarà addebitabile. A chiarire bene il principio e l’interpretazione del secondo comma dell’art. 2054 del Codice civile (“in caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso (in egual misura) a cagionare il danno subito dai veicoli coinvolti”) la Cassazione, sesta sezione Civile, con l’ordinanza n. 34163/22 depositata il 21 novembre 2022.
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Il ricorso dei familiari di un automobilista deceduto in un tragico sinistro
A ricorrere alla Suprema Corte sono stati i familiari di un automobilista che aveva perso la vita a causa di un tragico incidente stradale, “impugnando” la sentenza del 2021 con la quale la Corte d’Appello di Campobasso, confermando peraltro la decisione di primo grado del Tribunale, aveva rigettato la loro domanda risarcitoria nei confronti del conducente della vettura di controparte e della sua compagnia di assicurazione, attribuendo l’incidente esclusivamente alla condotta del loro caro. Secondo i giudici territoriali, le risultanze istruttorie avevano complessivamente comprovato che l’impatto tra i due veicoli era stato causato dall’invasione della corsia opposta di marcia da parte del mezzo condotto dalla vittima, senza che il lieve scostamento dal limite di velocità del mezzo antagonista (4 km all’ora in più) avesse potuto influire in alcun modo.
I ricorrenti sostengono il concorso di colpa del conducente di controparte
I congiunti hanno prospettato la violazione, tra gli altri, dell’ articolo 2054, secondo comma, del codice civile, contestando, tra le varie cose, che dalla perizia cinematica disposta dal Pubblico Ministero era emerso come la macchina dell’altro guidatore procedesse in realtà a una velocità leggermente superiore ai 94 km/h, e non 94 km/h come riportato in sentenza, e comunque oltre il limite di 90 km/h vigente in quel tratto di strada: per inciso, dalla loro perizia di parte la velocità sarebbe stata sensibilmente superiore, pari a 133 km/h, il che avrebbe impedito manovre di emergenza al conducente.
I ricorrenti inoltre hanno lamentato il fatto che la deposizione testimoniale che aveva riferito di uno scontro frontale sarebbe stata smentita dai rilievi dalla Polizia Stradale, secondo cui l’invasione della corsia di senso opposto era stata lieve e l’impatto sì frontale ma eccentrico a sinistra, dal che si sarebbe dovuto evincere che l’automobilista di controparte non tenesse la stretta destra. I familiari della vittima hanno infine censurato la decisione dei giudici di merito di non disporre una propria consulenza tecnica d’ufficio e di non aver neppure applicato la presunzione di concorso di colpa, nonostante non fosse stato dimostrato, dal conducente del mezzo antagonista, il rispetto di ogni regola imposta o di prudenza, e anzi fosse risultato come il contrario.
La Suprema Corte fa chiarezza sulla corresponsabilità
Per la Suprema Corte, tuttavia, la doglianza è in parte inammissibile e in parte infondata. Giova qui soffermarsi sulla parte in cui gli Ermellini “scrutinano” l’affermata violazione dell’art. 2054, secondo comma, del codice civile, che introduce la presunzione legale della corresponsabilità tra i conducenti. “Anche se dalla valutazione delle prove resti individuato il comportamento colposo di uno solo dei due conducenti, per attribuirgli la causa determinante ed esclusiva del sinistro deve parimenti accertarsi che l’altro conducente abbia osservato le norme sulla circolazione e quelle di comune prudenza, perché è suo onere dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, altrimenti dovendo presumersi anche il suo colpevole concorso” rammenta la Cassazione. Ma aggiunge: “ciò nondimeno, la prova che uno dei conducenti si è uniformato alle norme sulla circolazione dei veicoli e a quelle di comune prudenza può essere acquisita anche indirettamente, tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente”.
Gli Ermellini riconoscono che “l’infrazione, pur grave, come l’invasione dell’altra corsia commessa da uno dei conducenti, non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell’altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso”. Ciò però non esclude che anche in tali circostanze “possa comunque ritenersi raggiunta la prova liberatoria pur indirettamente, in base alla valutazione, in concreto, della assorbente efficacia eziologica della condotta dell’altro conducente”.
La lieve infrazione non rileva se non ha incidenza causale con l’evento
Infatti, ed è il punto focale del ragionamento, la colpa concorrente dettata dall’art. 2054, comma secondo, cod. civ., “opera pur sempre sul piano causale, e deve, cioè, pur sempre potersi collocare sul piano della relazione causale tra la violazione delle regole di condotta e l’evento di danno”. Ragion per cui, dove risulti che quella violazione, “pur sussistente o non escludibile, non abbia avuto incidenza causale con accertamento, come detto, anche indiretto, non c’è ragione di ritenere non superata quella presunzione, perché una diversa interpretazione finirebbe con l’attribuire alla norma un significato e una valenza puramente sanzionatoria che non ha”.
Venendo al caso di specie, il giudice di merito, “con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede” rammenta la Suprema Core, aveva escluso, “con motivazione dunque riconoscibile”, che il superamento di pochissimi km/h (“4 o un decimale di più”) del limite di velocità “avrebbe consentito di evitare un impatto eziologicamente equivalente e derivante dall’invasione della corsia di marcia opposta, poggiando la sua conclusione sul plausibile apprezzamento tecnico del consulente d’ufficio“
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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