In tutte le strade, specie in una circostanza potenzialmente pericolosa come può essere una rotatoria, dev’esserci adeguata segnalazione preventiva con i cartelli stradali, oltre che la corretta illuminazione.
A ribadirlo la Corte di Cassazione con una sentenza, la n. 31659/23, pubblicata dalla III Sez. Civ. il 14 novembre 2023, che ricorda anche l’importanza di convenire in giudizio i reali responsabili del sinistro, pena una sentenza inutiliter data.
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Proprietaria di un’auto cita in giudizio il Comune dopo un incidente in una rotatoria priva di segnaletica ed illuminazione
In seguito ad un sinistro occorso nel lontano 2009, una donna ha citato in giudizio il Comune di Palermo, ritenendolo responsabile per i danni subiti ad un’auto di sua proprietà, ma guidata nello spiacevole evento dal marito. Questi, a causa del mancato funzionamento della pubblica illuminazione e dell’omessa installazione della segnaletica stradale, ha impattato con violenza contro una rotatoria ancora in fase di costruzione, riportando ingenti danni alla carrozzeria e alle parti meccaniche.
Il Comune però, ritenendosi in difetto di legittimazione passiva, ha chiamato in causa le due società a cui al tempo aveva affidato i rispettivi lavori. Entrambe, però, si sono costituite in giudizio dichiarandosi esenti da ogni responsabilità, adducendo a loro volte le colpe al Comune, ma – e questo sarà fondamentale ai fini della sentenza – non chiamando all’interno del contenzioso il conducente dell’auto.
I giudici di primo grado, istruita la causa con alcune prove testimoniali e una consulenza tecnica ad hoc, hanno condannato il Comune di Palermo e la società adibita all’illuminazione pubblica a risarcire i danni in favore della donna, per una somma complessiva di 8.300 euro.
La Corte d’appello di Palermo, a cui Comune e società condannate inizialmente avevano proposto ricorso, ha chiamato in causa anche il conducente della vettura. Secondo i giudici lo stesso, data la velocità tenuta al momento dell’impatto, sarebbe corresponsabile al 50% dell’evento, adducendo la restante responsabilità al Comune e alla società, quindi anche con una rivalutazione del danno stimato dal Tribunale.
La proprietaria dell’auto però ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su quattro motivi. In sintesi si lamenta innanzitutto che i giudici di secondo grado abbiano accertato la responsabilità al 50% del conducente, ma senza che questo fosse stato evocato in giudizio né dagli originari convenuti né d’ufficio, in violazione quindi degli artt. 81 e 102 del codice di procedura civile.
Inoltre vi sarebbe un evidente difetto di legittimazione passiva della proprietaria, totalmente estranea al sinistro in sé, eppure ritenuta in appello corresponsabile, evincendo falsa ed erronea applicazione degli artt. 1223 e 1227 del codice civile. La sentenza in appello, infatti – come spiega la ricorrente nel quarto ed ultimo motivo – ha confuso di fatto conducente e proprietaria dell’auto, statuendo erroneamente la corresponsabilità della proprietaria senza neppure motivarla in relazione alle risultanze della consulenza tecnica.
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo – e assorbiti tutti gli altri tre – accogliendo quindi il ricorso. Spiega il Giudice che “vi è un evidente difetto di legittimazione passiva della proprietaria dell’autovettura, la quale è stata ritenuta corresponsabile del sinistro ai sensi dell’art. 1227 c.c. pur essendo la stessa completamente estranea alla dinamica dei fatti. Il difetto di legittimazione passiva è evidente anche rispetto al conducente dell’autovettura che, pur essendo il soggetto realmente legittimato a rispondere di una sua eventuale corresponsabilità, non è stato neppure mai evocato in giudizio”.
“E’ allora evidente – proseguono gli Ermellini – che i soggetti interessati, qualora avessero voluto ottenere un accertamento opponibile al conducente, avrebbero dovuto estendere il contraddittorio al soggetto asseritamente ritenuto corresponsabile, salvo incorrere in una sentenza inutiliter data (una sentenza improduttiva di effetti e insuscettibile di passare in giudicato, ndr)”.
La società adibita all’illuminazione pubblica e il Comune di Palermo – conclude il Palazzaccio – “non avrebbero, invero, potuto imputare alla proprietaria-danneggiata la responsabilità di terzi, quale il conducente asseritamente ritenuto corresponsabile, né attribuire alla stessa le conseguenze non riconducibili alla propria condotta (ex art. 1223 c.c.) e alla posizione processuale da lei rivestita, in ragione dell’assenza di un vincolo di rappresentanza, di sostituzione processuale nonché di litisconsorzio necessario tra conducente e proprietario del veicolo”.
Accogliendo il primo motivo e ritenendo assorbiti gli altri tre, quindi, la Suprema Corte cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione.
Scritto da:
Dott. Andrea Biasiolo
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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