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Le condizioni di luminosità e le prove fotografiche che siano contestualizzate all’epoca e all’ora dei fatti rappresentano due elementi fondamentali nelle richieste danni e nei tanti contenziosi per uno degli incidenti più frequenti che capitano a chi va a piedi, le cadute sulle buche od ostacoli vari su strade e marciapiedi.

A ricordarlo l’ordinanza 14474/21 depositata il 26 maggio 2021 con cui la Cassazione si è occupata di un caso sul genere dando ragione a un danneggiato che si era visto respingere dai giudici di merito le sue legittime richieste risarcitorie.

 

Un pedone cade a causa di una buca e chiede i  danni al Comune

La vicenda. Nel 2014 un pedone aveva citato in giudizio il Comune di San Severino per sentirlo condannare al risarcimento dei danni fisici, quantificati in quasi centomila euro (97.012,11), oltre al danno morale, per omessa custodia e vigilanza dei luoghi. L’uomo lamentava di aver subito gravi lesioni personali in seguito ad una caduta avvenuta mentre percorreva a piedi una strada comunale piena di buche, buia e poco illuminata.

Il Comune si era costituito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e l’accertamento della responsabilità esclusiva in capo al pedone o quantomeno il suo concorso nella causazione dell’evento.

Secondo i giudici l’ostacolo era visibile

Con sentenza del 2019, il Tribunale di Foggia aveva dato ragione all’Ente locale rigettando la richiesta risarcitoria e ritenendo, sulla base delle fotografie allegate, che l’ostacolo sul quale il pedone era inciampato fosse ben visibile e che dunque il suo comportamento disattento fosse idoneo a interrompere il nesso di causalità, secondo le regole che governano la natura oggettiva della responsabilità per danno di cose in custodia ex art. 2051 c.c.

Una decisione confermata anche dalla Corte d’appello di Bari che, con sentenza del dicembre 2019, aveva rigettato l’appello proposto dal danneggiato avverso la pronuncia di prime cure. I giudici di secondo grado avevano ritenuto correttamente applicati dal Tribunale i principi giurisprudenziali in tema di responsabilità da cose in custodia prevista all’art. 2051 c.c.: il comportamento poco attento dell’appellante avrebbe integrato il cosiddetto caso fortuito incidentale. La concreta possibilità per il danneggiato di percepire la situazione di pericolo avrebbe cioè comportato l’esclusione dell’eventuale presenza di una insidia o trabocchetto nel manto stradale, ragione per la quale i giudici di merito avevano escluso il nesso causale tra il fatto e l’evento dannoso.

 

Contestate le foto “inattuali” considerate dai giudicanti

Il pedone tuttavia non si è dato per vinto e ha proposto ricorso anche per cassazione sulla scorta di tre motivi. Con il primo sosteneva che la Corte di Appello, in sede di gravame, gli avesse falsamente attribuito la responsabilità dell’incidente, contestando una “malintesa interpretazione” del caso fortuito. I giudici territoriali avrebbero erroneamente fondato il proprio convincimento sulla base di fotografie risalenti ai tre mesi successivi all’accaduto e peraltro scattate alle ore 10.30 del mattino, laddove  la caduta era avvenuta alle ore 17.30, quando il sole era già tramontato. E avrebbero ritenuto provato il caso fortuito sulla base di un dato, la visibilità dell’ostacolo, non risultante dagli atti di causa ma dedotto dalle fotografie “non contestualizzate”.

Con il secondo motivo, strettamente legato al primo, poi, il ricorrente obiettava che, in merito alla visibilità dell’ostacolo, i giudici di secondo grado avevano omesso di pronunciarsi su un fatto decisivo per il giudizio, ossia la scarsa luminosità presente all’ora del sinistro, affermando al contrario, in base alle foto, la piena visibilità dell’ostacolo senza in alcun modo considerare l’orario in cui si sarebbe verificato l’evento.

Con il terzo motivo, infine, il danneggiato ha concluso osservando come la Corte di merito avesse attribuito valore di prova ad elementi che non avevano quel valore, ma soprattutto che non erano allegati e dunque non potevano essere assunti ad elementi di prova. I giudici di seconde cure avrebbero ricavato la prevedibilità dell’evento da un giudizio ipotetico non basato su dati oggettivi, in quanto non sarebbe stata provata né motivata l’inadeguatezza della camminata del danneggiato rispetto all’età dello stesso e allo stato dei luoghi.

Per la Suprema Corte i motivi sono fondati. La violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., ricordano gli Ermellini, può essere censurata in sede di legittimità soltanto in un caso: allorché ricorra il cosiddetto “vizio di sussunzione”, vale a dire “quando il giudice di merito, dopo aver qualificato come “gravi, precisi e concordanti” gli indizi raccolti, li ritenga però inidonei a fornire la prova presuntiva; oppure, all’opposto, quando, dopo aver qualificato come “non gravi, imprecisi e discordanti” gli indizi raccolti, li ritenga nondimeno sufficienti a fornire la prova del fatto controverso”.

Ebbene nel caso di specie il giudice, spiega la Cassazione, dell’appello, “ragionando di sussistenza di una interruzione del nesso causale, ha ritenuto che l’evento della caduta del (omissis) non potesse dirsi ricollegato causalmente e, dunque, “cagionato”, il che non implica necessariamente in via esclusiva, assumendo rilievo anche il cagionare in concorso con altra causa”.

 

La questione della visibilità dell’insidia

Ma alla luce di quanto esposto, la Corte d’Appello di Bari, secondo i giudici del Palazzaccio, “non ha correttamente motivato la propria decisione, nella quale ha ritenuto che il ricorrente, stante la conoscibilità dell’insidia, avrebbe dovuto procedere con cautela in quanto sulla base delle prove l’ostacolo sul quale è inciampato il era pienamente visibile”. Ma la Corte, conviene la Cassazione, ha fondato tale decisione sulla visibilità dell’insidia “basandosi esclusivamente sull’analisi delle fotografie allegate al verbale della Polizia locale ritenendole “dato sufficiente” per confermare la valutazione operata dal Tribunale di Foggia”.

La Corte territoriale, conclude la Cassazione, ha effettivamente “omesso di pronunciarsi in merito alla questione della visibilità dell’insidia, laddove il ricorrente censurava al contrario la mancata visibilità dovuta all’ora tarda di una giornata di novembre a differenza delle fotografie scattate ad un diverso orario”.

Di qui dunque l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio della alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, per la rivalutazione del caso.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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