Il danno da perdita di chance sottintende la preclusione di ottenere, un domani, dei vantaggi di natura patrimoniale per l’individuo, a causa appunto di un danno ingiusto. La chance fa riferimento quindi ad un beneficio economico futuro e non può essere considerata come una mera aspettativa.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 24050/23, pubblicata dalla III Sez. Civ. il 7 agosto 2023, ha ribadito che il danno da perdita di chance deve essere risarcito, a condizione chiaramente che ne sia effettivamente provata la sussistenza, com’è accaduto nella vicenda in questione.
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Furto di un’auto con contratto di sorveglianza, la società non ha adempiuto agli obblighi
Una donna ha convenuto in giudizio una Società per Azioni specializzata in sorveglianza satellitare esponendo che la stessa non aveva rispettato i suoi obblighi contrattuali. L’automobilista nel 2010 ha subito un furto mentre il suo mezzo era parcheggiato e correttamente chiuso a chiave, ma questo è stato trafugato e, soprattutto, non più ritrovato. La donna però a suo tempo aveva stipulato un accordo scritto con tale società che concerneva il loro dovere di avvisare la cliente immediatamente in caso di furto, denunciandolo anche alle forze dell’ordine, per poi bloccare il motore da remoto e mappare la fuga del veicolo.
La società però aveva proposto il rigetto della domanda, sostenendo di aver provveduto ad avvertire la cliente, tentando (ma non riuscendo) di bloccare il motore dell’auto e di aver anche provato a mappare la fuga, ma affermando che l’autovettura era scomparsa dalla ricezione.
Già il Tribunale adito nel 2014 aveva ritenuto che difettasse il nesso causale tra gli inadempimenti e il mancato ritrovamento dell’autovettura, il tutto ribadito e confermato anche dalla Corte d’appello.
Quest’ultima infatti, pur riconoscendo la responsabilità della società, ha evidenziato che il danno subito dalla proprietaria consistesse nella perdita della chance di rintracciare e recuperare l’autovettura. Ma la donna avrebbe dovuto allegare e provare, quantomeno in via presuntiva, le possibilità di recuperare la propria vettura nel caso in cui tutti gli obblighi dell’azienda fossero stati adempiuti.
Mancando però qualsiasi allegazione o dato in base al quale poter affermare che il veicolo sarebbe stato, in tal caso, recuperato al 100%, o in diversa minore percentuale, i giudici di secondo grado hanno ritenuto impossibile liquidare il danno da perdita di chance.
La donna, con ben nove motivi, ha proposto ricorso in Cassazione. Nei tre punti principali poi accolti – il terzo, il quarto e il sesto – si evidenzia come la dimostrazione della perdita di chance è già contenuta nella ricostruzione dei fatti della stessa Corte d’appello, in quanto si afferma che le inadempienze della società avrebbero eliso le possibilità di rintracciare il veicolo, riconoscendo di conseguenza una maggiore probabilità di recuperarlo nel caso in cui il motore fosse stato bloccato da remoto.
In secondo grado, quindi, sarebbero state prima riconosciute sia l’esistenza di chance di ritrovamento del veicolo rubato (come conseguenza dell’inadempimento contrattuale della convenuta) che anche la perdita di tale chance di ritrovamento; salvo poi, invece, pretenderne la prova.
Inoltre, sempre in appello, sarebbe stato totalmente omesso che la ragione che ha spinto la donna a stipulare quel contratto era proprio facilitare il ritrovamento del proprio mezzo nell’eventualità che lo stesso fosse rubato.
Perdita di chance: la definizione
Il Palazzaccio, innanzitutto, ha ribadito concretamente cosa si intende per chance. “Il suo ambito semantico-giuridico – si legge – è da ricondurre al diritto romano. La parola deriva, etimologicamente, dall’espressione latina cadentia, che sta ad indicare il cadere dei dadi, e significa “buona probabilità di riuscita“. Si tratta, dunque, di una situazione, teleologicamente orientata verso il conseguimento di un’utilità o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilità di successo presumibilmente non priva di consistenza”.
Già in passato, inoltre, la Cassazione ha affermato che “la chance, o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita, id est la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto ed attuale”.
L’inadempimento ha comportato perdita di chance: scatta il risarcimento
Passando poi al caso di specie, gli Ermellini sottolineano che “la chance non doveva essere valutata in relazione alla concreta possibilità della ricorrente di ritrovare la vettura, cioè in relazione al risultato atteso, ma in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile: infatti, non è il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo a costituire l’oggetto della pretesa risarcitoria (Cass. 26/06/2020, n. 12906; Cass. n. 9/03/2018, n. 5641)”.
Ciò su cui pone l’accento la Suprema Corte è anche la differenza tra chance e mera aspettativa di fatto. La prima ha a tutti gli effetti un’autonoma valutazione patrimoniale risarcibile, poiché sussiste – se provata – una perdita di possibilità di ottenere un risultato non commisurandolo sulla perdita di quest’ultimo, bensì sulla possibilità reale di conseguirlo, fermo restando che il danno sia concreto ed attuale.
“La Corte d’appello – proseguono gli Ermellini nell’ordinanza – ha errato perché ha preteso dall’attrice una prova impossibile, oltre che inutile, in quanto, una volta accertato che l’inadempimento ha comportato la perdita di concrete (maggiori) possibilità di recupero del mezzo, il giudice di merito avrebbe dovuto liquidare il valore di tale chance sulla base di una valutazione che non poteva che essere equitativa”.
L’inesattezza dell’adempimento della società nella perdita di possibilità di ritrovare il mezzo, quindi, è già una prova raggiunta del danno subito dalla donna e avrebbe dovuto portare ad una liquidazione senza ulteriori richieste probatorie.
Le misure previste nel contratto, poi, erano state stipulate ad hoc per tali casi e se esse già a prescindere non avrebbero comportato una possibilità di recuperare il veicolo in caso di furto, allora non vi sarebbe stato alcun motivo effettivo per sottoscrivere tale accordo.
La Corte, in conclusione, accoglie i motivi e cassa la precedente sentenza, rinviando alla Corte d’appello di Napoli la questione.
Scritto da:
Dott. Andrea Biasiolo
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