Premesso che bisogna sempre assicurare il proprio veicolo per la Rc-Auto, se un utente della strada rimane coinvolto in un sinistro e ha ragione, il fatto che il suo mezzo non sia assicurato non incide minimamente sul suo diritto di essere risarcito dalla compagnia di assicurazione della controparte, e lo stesso discorso vale a maggior ragione per i terzi trasportati del veicolo “scoperto”.
L’unica cosa che cambia è il fatto che non sarà esperibile la procedura di indennizzo diretto dalla propria assicurazione – che non c’è, stante l’assenza di polizza stipulata o in corso di validità – e quindi in questi casi la richiesta risarcitoria dovrà essere sempre presentata alla compagnia assicuratrice del conducente responsabile del sinistro.
A chiarire questo punto fermo fondamentale, e tutt’altro che scontato considerati i diversi giudizi contrari dei tribunali di merito, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 1179/22 depositata il 17 gennaio 2022.
Indice
Il conducente e il passeggero di una moto chiedono i danni alla compagni di controparte
Nel 2015 il conducente e il passeggero di una moto avevano citato in causa il conducente di una vettura, responsabile del sinistro stradale che essi avevano subito nel 2012, e la sua compagnia di assicurazione, Axa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti.
La compagnia tuttavia aveva eccepito l’inammissibilità dell’azione ai sensi dell’articolo 144 del Codice delle Assicurazioni in quanto il motociclo non era coperto da valida polizza, invocando in tal senso gli articoli 122 Cod. ass. (per cui i veicoli a motore non possono essere messi in circolazione se non coperti da assicurazione per r.c.a.) e 143 cod. ass. (per cui i proprietari e i conducenti dei veicoli coinvolti sono tenuti a denunciare il sinistro alla propria compagnia assicurativa). Secondo i legali di Axa, non potendo il danneggiato denunciare il sinistro alla propria compagnia assicurativa perché scoperto da valida polizza assicurativa, non avrebbe potuto avvalersi del codice delle assicurazioni.
Richiesta respinta in primo e secondo grado perché il motociclo non era assicurato
Il giudice di pace aveva accolto questa tesi e, con sentenza del 26 giugno 2015, aveva dichiarato inammissibili le domande risarcitorie. I due danneggiati avevano quindi proposto appello avanti il Tribunale di Messina quale giudice di secondo grado, ma il gravame era stato rigettato.
Il giudice d’appello, dato atto che l’impugnazione si era fondata sulla violazione degli articoli 122 e 144 cod. ass. per erronea interpretazione, sostenendo comunque che nessuna norma del codice delle assicurazioni “restringerebbe l’applicazione delle disposizioni in esso contenute ai soli mezzi dotati di copertura assicurativa, né vi sarebbe una specifica norma che sanzioni con l’inammissibilità l’azione giudiziaria proposta ex art. 144 c.d.a. dal proprietario/conducente di un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa“, osservava che invece, per citare la sentenza, ”da un’interpretazione letterale e logica del codice delle assicurazioni, nonché della collocazione sistematica delle norme in esame, si evince la tassatività di tali disposizioni, nella parte in cui escludono la esperibilità dell’azione nel caso in cui l’attore sia sprovvisto di copertura assicurativa del suo mezzo, rappresentando, quest’ultimo aspetto, condizione indefettibile per l’attivazione delle procedure risarcitorie; e sarebbe certamente infondato”prospettare una violazione dell’articolo 24 della Costituzione, in quanto l’attore avrebbe potuto comunque tutelare le proprie aspettative risarcitorie, citando, ai sensi di quanto disposto dall’art. 2054 c.c., il soggetto che con il suo comportamento colposo abbia cagionato il danno”.
Di qui dunque il ricorso del conducente e del passeggero della moto anche per cassazione, con tre motivi di doglianza. Innanzitutto, adducendo “violazione di legge per contraddittorietà processuale della motivazione in relazione all’art. 360 n.4”, richiamando il già citato passo della sentenza impugnata, si chiedevano quali fossero le norme del codice delle assicurazioni che avrebbero escluso l’esperibilità dell’azione nel caso in cui il danneggiato fosse sprovvisto di copertura assicurativa del suo mezzo, rilevando anche una evidente contraddizione dei giudici di merito, i quali avevano scritto che gli appellanti avevano attivato la procedura di indennizzo diretto, cioè quella dell’art. 149 c.d.a. e quella del terzo trasportato, cioè dell’art. 141 c.d.a., nonostante fosse acclarato da tutti gli atti processuali che essi avevano invece attivato l’azione diretta di responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 144 c.d.a. con la procedura di cui all’art. 148 c.d.a, nei confronti appunto della compagnia di controparte.
A loro dire, quindi, sussisterebbe anche “errore nella qualificazione dell’azione processuale, non comprendendosi neppure sulla base di quale interpretazione letterale e logica delle norme del codice delle assicurazioni il giudice abbia potuto escludere “tassativamente” tale azione diretta del danneggiato se questi circola su veicolo scoperto da polizza assicurativa”.
La possibilità dell’azione diretta contro l’assicuratore del responsabile civile
Con il secondo motivo di doglianza, il conducente e il passeggero della motocicletta, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., hanno quindi denunciato violazione di legge per errore d’interpretazione del titolo X, capo I, del codice delle assicurazioni, in particolare degli articoli 122 e 144. Il Tribunale aveva dichiarato di condividere l’interpretazione degli articoli 122 e 144 adottata dal giudice di pace, che viene in modo analitico confutato dai ricorrenti, per giungere infine ad affermare che “l’azione diretta ex art. 144 c.d.a. si colloca … sotto il profilo procedurale nel campo di applicazione dell’art. 148 c.d.a. o, se si vuole, nel campo residuale lasciato dall’art. 149 c.d.a. tra cui chiaramente quello in cui uno dei due veicoli non sia regolarmente assicurato”, e inoltre che “negare l’azione diretta ex art. 144 c.d.a. contro l’assicuratore del responsabile civile per essere il veicolo del vettore non coperto da valida polizza assicurativa è soluzione irragionevole che, invece di agevolare il risarcimento dell’incolpevole ed occasionale trasportato, ne mette totalmente a rischio l’effettivo risarcimento, subordinandolo alla solvibilità del danneggiante ed alla chiamata in causa del suo assicurato“.
La Suprema Corte dà piena ragione ai ricorrenti. Gl Ermellini ricordano che l’articolo 122 attiene all’obbligo di assicurazione dei veicoli a motore, stabilendo che, se non è adempiuto, “non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate”, e altresì che l’assicurazione copre “i danni alla persona causati ai trasportati” (secondo comma). E rammentano anche che l’articolo 144, “Azione diretta del danneggiato“, prevede che il danneggiato per il sinistro causato dalla circolazione di un veicolo obbligato all’assicurazione “ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione, con litisconsorzio necessario includente il responsabile del danno e termine di prescrizione dell’azione diretta verso l’assicurazione pari a quello cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile”.
Anche chi non è assicurato è legittimato alla richiesta danni alla compagnia di controparte
“È del tutto evidente – spiega la Cassazione – che l’articolo 122 non incide sulla legittimazione all’esercizio dell’azione diretta di cui all’articolo 144. L’articolo 122, infatti, detta un obbligo relativo al mettere in circolazione un veicolo: ciò però non significa che il soggetto “danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo” trovi, se intenda esercitarla, l’azione dell’articolo 144 “sbarrata” dall’inammissibilità, essendosi su due piani evidentemente diversi”.
“Qualora, invero, il legislatore avesse inteso deprivare un danneggiato dalla fruizione dell’azione ex articolo 144 perché il veicolo su cui circolava quando avvenne il sinistro e/o di cui era il proprietario non era stato assicurato – proseguono i giudici del Palazzaccio – logicamente avrebbe dovuto inserire nel titolo X – “Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti”, e in particolare nel suo capo I – “Obbligo di assicurazione” – – expressis verbis o comunque in modo inequivoco una siffatta, pesante sanzione, tale da comportare l’esclusione dalla, per così dire, certezza economica del risarcimento, la quale è l’origine dell’assicurazione obbligatoria r.c.a. E se per il trasportato “occasionale”, privo di qualunque specifico rapporto con la proprietà e/o l’utilizzo del veicolo, ciò sarebbe contrario ad ogni principio di uguale tutela, come sancito nel più alto livello normativo, per il proprietario e il conducente comunque si tratterebbe di una deminutio di tale calibro da rendere appunto necessaria una scelta espressa da parte del legislatore, considerato che, tra l’altro, un’assoluta inammissibilità impedirebbe di fruire degli effetti del contratto assicurativo dell’altro veicolo anche nel caso in cui questo rivesta il ruolo di responsabile civile in misura completa, senza alcun concorso di colpa riconducibile a chi però in tal modo non sarebbe legittimato ad agire ex articolo 144, pervenendo così a un’assoluta illogicità nel bilanciamento dei valori e delle correlate tutele normative”.
L’evidenza della “irrazionalità dell’interpretazione del giudice d’appello, che scardina appunto la ratio normativa di tutela del danneggiato”, prosegue decisa la Suprema corte, trova abbondante conferma “in una ricostruzione sistematica più approfondita della normativa di r.c.a”, citando la direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, di cui l’articolo 18 sancisce che “gli Stati membri provvedono affinché le persone lese a seguito di un sinistro causato da un veicolo assicurato ai sensi dell’articolo 3 possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell’impresa che assicura la responsabilità civile della persona responsabile del sinistro“: ottica, questa, “di perseguimento nella massima misura della tutela della vittima che conferma sine dubio pure la suprema fonte normativa interna, con particolare riguardo particolare agli articoli 2 e 24 Cast., e che da tempo si è trasfusa nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, sulla necessità di interpretare la normativa interna in conformità al diritto unionale anche per quanto concerne l’assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, con particolare riguardo, quindi, alla posizione del danneggiato” concludono gli Ermellini, ribandendo quindi che risulta “priva di ogni fondamento” l’interpretazione del giudice d’appello nel senso della “inammissibilità dell’azione di cui all’articolo 144 cod. ass. esercitata dagli attuali ricorrenti, azione che tale inammissibilità invece non patisce: interpretazione manifestamente irrazionale e non correlata alla ratio di tutela del danneggiato che anima e sorregge tutto il codice delle assicurazioni.”
Ergo, sentenza cassata con rinvio al Tribunale di Messina in persona di altro giudice per il riesame della causa.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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