Non rispettare le norme antinfortunistiche non mette solo in grave pericolo i lavoratori ma può fare molto “male” anche al “portafoglio” dell’azienda che non vi ottempera. Lo ha rammentato in modo energico la Cassazione, terza sezione Penale, con la sentenza n, 4210/24 depositata il 31 gennaio 2024 con la quale ha definitivamente condannato alla cosiddetta “sanzione 231” da centomila euro una società per azioni in quanto il grave infortunio patito da un suo dipendente era avvenuto, come accertato dall’inchiesta, per una colpa organizzativa dell’impresa, con particolare riferimento all’assenza di protocolli per gli interventi di manutenzione e all’omessa formazione in maniera stabile degli addetti che dovevano realizzarli.
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Un operaio rimane vittima di un gravissimo infortunio
Il fatto. Un operaio della fabbrica in questione aveva riportato una pesantissima invalidità permanente del 75 per cento dopo essere stato colpito da un carroponte che gli aveva schiacciato la testa contro la balaustra mentre si trovava in cima a un silos per sostituire il nastro trasportatore.
L’inchiesta porta alla luce svariate e consapevoli violazioni delle norme antinfortunistiche
Dalle indagini era emerso chiaramente, oltre ogni dubbio, che i vertici della spa avessero violato in modo consapevole la normativa cautelare per conseguire un’utilità per l’ente: l’evidente e “non irrisorio” risparmio di spesa per la mancata formazione professionale e per la predisposizione dei protocolli, oltre che dei segnali di pericolo.
Senza contare la fatale sottovalutazione del rischio di svolgere la manutenzione di notte in condizioni di visibilità ridotta, ma anche con personale ridotto e dunque in modo più rapido e meno costoso, il tutto anche per ostacolare meno possibile la produzione: nel silos, infatti, confluivano i materiali per la fusione.
Insomma, era emersa la totale mancanza degli specifici modelli di gestione prescritti dagli articoli 6 e 7 del d/lgs 231/01, così come il deficit organizzativo per l’omessa predisposizione di accorgimenti per prevenire gli infortuni.
La Cassazione rigetta le doglianze dell’impresa e conferma la sanzione “231” per 100mila euro
La Suprema Corte ha quindi rigettato le doglianze dei legali della società, che avevano proposto ricorso, confermandone definitivamente la condanna sulla scorta, appunto, del d.lgs 231/2001, che stabilisce che per l’illecito amministrativo dipendente da reato venga sempre comminata la sanzione pecuniaria, applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille, con importo di una quota che va da un minimo di 258,23 a un massimo 1.549,37 euro.
Nello specifico è stata inflitta una “sanzione 231” da 200 quote, ritenuta adeguata al gravissimo danno fisico riportato dal lavoratore, mentre l’importo pro quota è stato fissato in 500 euro in base alle condizioni economiche e patrimoniali della società, in quanto l’impresa svolgeva “una florida attività”: dunque, centomila euro in totale.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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