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Le precisazioni dei genitori di Shane, Resat e Rejana Hyseni, e nonni del piccolo Mattias, dopo lo scontro in aula con il difensore del responsabile della “strage dei bambini” di Reggio Emilia

Dopo aver perso in un colpo solo tre figli e un nipote, per una condotta di guida criminale – quel giorno siamo morti anche noi -, ed avere disperato bisogno, e diritto, di ricevere un po’ di giustizia, non possiamo anche passare dalla parte del torto. E finire noi sul banco degli imputati”. Sono profondamente amareggiati, e desiderano precisare alcuni punti fermi, Ardian e Anjeza Hyseni, i genitori di Shane, Resat e Rejana, rispettivamente di 22, 11 e 9 anni, nonché nonni del piccolo Mattias, figlio di Shane, di appena un anno e quatto mesi, dopo l’udienza preliminare del processo nei confronti di colui che ha strappato loro praticamente tutti gli affetti – è rimasto loro solo un figlio -, ossia il compagno della figlia maggiore, anche lui di origini albanesi, Orjol Lame, oggi 32 anni, l’unico responsabile della “strage degli innocenti” consumatasi il 30 ottobre 2022 alle porte di Reggio Emilia. L’imputato, l’unico a essersi salvato dallo schianto terribile contro una casa della Fiat Stylo che guidava, dove trasportava le incolpevoli vittime (in foto) e di cui ha perso il controllo, deve rispondere di quadruplice omicidio stradale con una sfilza di aggravanti: procedeva a folle velocità e imbottito di cocaina (è risultato ampiamente positivo ai test tossicologici), senza contare che l’auto non era assicurata né revisionata e non era neppure sua. E peraltro, in virtù di precedenti specifici e anche condanne per spaccio di sostanze stupefacenti, sul suo capo pendeva un decreto di espulsione: non si sarebbe nemmeno dovuto trovare in Italia.

L’udienza tenutasi lunedì 23 settembre in tribunale a Reggio Emilia, avanti il giudice dott. Luca Ramponi, si è conclusa con un rinvio al 25 novembre 2024 a fronte della richiesta di citazione da parte del difensore di Lame, che non era in aula, del responsabile civile, cioè la compagnia di assicurazione UnipolSai in qualità di mandataria per la regione Emilia Romagna del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada che risponde, o meglio dovrebbe farlo, nei casi di sinistri con coinvolti veicoli non identificati o non assicurati e le cui procedure sono notoriamente ancora più complesse e difficili di quelle “ordinarie”. Per essere assistita, tutta la famiglia Hyseni, attraverso l‘Area manager per la Puglia, Sabino De Benedictis, e per l’Emilia Romagna, dott.ssa Sara Donati, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, unitamente all’avv. Nicola Termanini, del foro di Modena, che lunedì si è costituito parte civile al processo per i genitori.

Ma a catturare l’attenzione dei media è stato soprattutto lo scontro in aula tra la mamma e il papà (e nonni) delle vittime, che invece c’erano, eccome, e il legale di Lame, l’avv. Giuseppe Caldarola. “Era il nostro avvocato, un amico di famiglia, ma conosceva bene anche Lame e quando si è trattato di scegliere a chi rivolgersi per questo delicatissimo procedimento abbiamo ritenuto che non fosse opportuno affidarci a lui, era venuto meno il rapporto di fiducia, ma siamo rimasti oltremodo amareggiati dal fatto che, nonostante questa situazione pregressa, abbia comunque ritenuto di difendere il responsabile della strage dei nostri ragazzi” spiegano i genitori delle vittime, che però smentiscono categoricamente qualsiasi altra illazione circa le minacce telefoniche anonime che l’avvocato sostiene di aver ricevuto, “e che peraltro non si capisce come possa affermare provenire da un prefisso albanese se il numero è appunto schermato. Noi comunque non facciamo queste cose e le parole intrise di rabbia che abbiamo pronunciato durante l’udienza non sono altro che il frutto dell’immenso dolore che proviamo e con cui conviviamo da ormai due anni e di una sete di giustizia, una giustizia che sia giusta, pur sapendo bene che nessuna pena sarebbe mai commisurata alla tremenda perdita che abbiamo subito e che nulla e nessuno potranno restituirci Shane, Resat e Rejana e Mattias” proseguono i genitori. I quali, dopo aver già dovuto ingoiare il fatto che il colpevole è potuto rientrare in Albania ed è libero come l’aria, ora temono che possa cavarsela con una condanna mite o quanto meno non adeguata ai gravissimi reati commessi: nella prossima udienza il suo legale rivelerà se e quale rito alternativo chiederà per ottenere i previsti sconti di pena, e potrebbe anche domandare di patteggiare, anche se difficilmente il giudice concederà il patteggiamento a fronte delle aggravanti contestate. Una ipotesi a cui comunque gli Hyseni non vogliono nemmeno credere.

La famiglia Hyseni viveva dal 1991 in Italia ed è sempre stata irreprensibile. Dopo la tragedia è tornata nel suo Paese d’origine, “non potremmo più continuare a stare qui dove tutto ci ricorda i nostri bambini, ma nutriamo piena fiducia nella giustizia italiana, nei pubblici ministeri e nei giudici reggiani. Sappiamo che, pur nell’applicazione delle leggi, prima si metteranno anche una mano sul cuore e sulla coscienza”.

Caso seguito da:

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Sabino De Benedictis

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Incidenti da Circolazione Stradale

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