La Corte Costituzionale, con la rilevante sentenza n. 45/24 depositata il 21 marzo 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 35, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’estinzione del reato, le condotte riparatorie debbano essere realizzate “prima dell’udienza di comparizione”, anziché “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento”: una modifica tutt’altro che secondaria.
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A porre la questione il giudice di pace di Forlì, per la disparità di trattamento dai tribunali
Il giudice di pace di Forlì, nel sollevare la questione, aveva censurato lo sbarramento temporale che imponeva, prima dell’udienza di comparizione avanti il giudice di pace, l’adempimento delle condotte risarcitorie e riparatorie del danno conseguente al reato commesso dall’imputato, deducendo che questo limite temporale fosse in sé irragionevole e tale da determinare una disparità di trattamento rispetto agli imputati dei reati di competenza del Tribunale, per i quali la riparazione integrale del danno è ammessa fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 162-ter cod. pen.).
Esteso il termine per le condotte riparatorie del danno a prima dell’apertura del dibattimento
La Consulta ha ritenuto fondata la censura sotto il profilo della dedotta violazione del principio di ragionevolezza, osservando, in particolare, l’incoerenza del termine finale previsto dalla disposizione censurata rispetto al peculiare ruolo di “mediatore” del giudice di pace, il quale giudica reati di ridotta gravità, espressivi di conflitti interpersonali a carattere privato, e alla finalità di semplificazione, snellezza e rapidità che connota il procedimento che innanzi a lui si svolge.
La Corte Costituzionale ha sottolineato la funzione conciliatoria del giudice di pace
È stata sottolineata, in particolare, la funzione conciliatoria del giudice di pace (sancita come principio generale dall’art. 2 del d. lgs n. 274 del 2000), il cui luogo di fisiologica esplicazione, proprio l’udienza di comparizione, risultava impedito dal termine perentorio che, previsto prima di tale udienza, frustrava la stessa funzione del giudice non consentendogli di avviare l’imputato e la persona offesa ad un accordo sulla entità e sulle modalità degli adempimenti riparatori e risarcitori.
Una sentenza coerente anche con le finalità deflattive del carico giudiziario
La Corte ha anche evidenziato che la rigida preclusione temporale determinava ricadute negative sul carico giudiziario, riducendo i casi di definizione anticipata del processo attraverso la dichiarazione di estinzione del reato, per l’esito positivo delle condotte riparatorie. Invece, la fissazione del termine ad quem nella dichiarazione di apertura del dibattimento è coerente con la finalità deflattiva del carico giudiziario e, al tempo stesso, consente un evidente risparmio di attività istruttorie e di spese processuali, non dandosi corso – nel caso in cui risulti integrata la fattispecie estintiva del reato conseguente a condotte riparatorie – alla fase dibattimentale.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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