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Il titolare dell’impresa per la quale operava la vittima, Giordano Pierantozzi, ha patteggiato la pena all’udienza di oggi presso il tribunale meneghino

All’esito dell’udienza preliminare tenutasi quest’oggi, martedì 26 novembre 2024, in Tribunale a Milano, avanti il giudice dott. Tommaso Perna, ha patteggiato la pena di un anno e un mese, con la sospensione condizionale, Giordano Pierantozzi, 67 anni, accusato e ora anche condannato, in qualità di datore di lavoro, per l’ennesima morte bianca, quella di Enrico Pantoni (in foto), l’operaio di 65 anni residente a Torano Nuovo, in provincia di Teramo, deceduto il 17 luglio 2021 per un gravissimo infortunio occorsogli tre giorni prima, il 14 luglio, mentre stava lavorando nella biblioteca dell’Università degli Studi di Milano, in via Festa del Perdono 7, un luogo di cultura in teoria lontano anni luce da tragici eventi sul genere, il che aveva contribuito a destare ancora più sconcerto per l’accaduto.

All’epoca la Cam Impianti Srl, l’impresa di Colonnella, sempre nel Teramano, che opera nel settore degli impianti tecnologici, di cui Pantoni era dipendente regolarmente assunto e Pierantozzi l’amministratore unico, era impegnata nel cantiere di via Festa del Perdono in qualità di ditta affidataria in virtù del contratto con l’Università milanese per le opere di ristrutturazione della biblioteca centrale e di realizzazione di una nuova sala lettura presso l’edificio 11010 dell’ateneo. Pantoni, che spesso effettuava anche lunghe trasferte di lavoro con l’azienda er la quale operava, il 14 luglio 2021 si trovava per l’appunto in piedi su un ponte su ruote ed era intento a tagliare i tratti di fascette di fissaggio dei tubi corrugati che spuntavano dalla canalina a soffitto quando, a seguito del ribaltamento del trabattello, è precipitato al suolo da un’altezza di tre metri procurandosi gravissime lesioni cranio encefaliche: trasportato in condizioni disperate al Policlinico Maggiore, è deceduto dopo tre giorni di agonia, sabato 17 luglio.

La Procura meneghina ha subito aperto un fascicolo e il Pubblico Ministero dott.ssa Maura Ripamonti, titolare del relativo procedimento penale, ha iscritto nel registro degli indagati il datore di lavoro e disposto l’autopsia, affidando l’incarico al medico legale dott.ssa Lidia Maggioni, che ha confermato e concluso come la causa della morte dell’operaio fosse da indentificarsi inlesioni cranio-encefaliche da traumatismo contusivo”, ossia era stata dovuta unicamente ai traumi riportati con la caduta, escludendo malori pregressi. I familiari di Pantoni, che ha lasciato in un dolore immenso la moglie Giuliana e quattro tra fratelli e sorelle, per essere assistiti, fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, attraverso l’Area Manager per l’Abruzzo Mario Masciovecchio, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, in collaborazione con l’avvocato del Foro di Milano Maria Laura Bastia. E Studio3A ha immediatamente messo a disposizione quale consulente tecnico di parte il medico legale dott. Marco Filippo Scaglione, che ha partecipato alle fondamentali operazioni peritali autoptiche.

Assodato dunque che il decesso dell’operaio era stato dovuto unicamente all’infortunio, il magistrato inquirente ha concentrato le indagini sulle responsabilità avvalendosi delle attività e dei rapporti in primis degli ispettori dell’Unità Operativa Complessa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Agenzia Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano e dei rilievi del Nucleo Investigazioni Scientifiche della Polizia Locale di Milano. E sono puntualmente emerse innumerevoli e fatali violazioni in capo al titolare della Cam Impianti, a cui il Pm ha ascritto la responsabilità della morte del suo operaioper colpa consistita in negligenza, imprudenza imperizia e violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver omesso di adottare le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica dei lavoratori” per citare la richiesta di rinvio a giudizio del Sostituto Procuratore.

All’imputato, più in particolare, è stato contestato di “aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro non idonee ai fini della sicurezza, con specifico riferimento al trabattello con elementi incompleti in quanto privo di parapetto, di tavola fermapiedi e di livellatori; di aver omesso di assicurarsi che il ponte su ruote avesse base ampia, allargata secondo le indicazioni del libretto di istruzioni ed uso fornito all’azienda, in modo da poter resistere, con ampio margine di sicurezza, al rischio di ribaltamento a causa dei carichi e delle oscillazioni cui poteva essere sottoposto durante l’utilizzo, e che fosse provvisto di piano di scorrimento adeguatamente livellato rispetto al dislivello generato dalla traccia presente in prossimità del punto di lavoro, con idonea ripartizione del carico sul terreno attraverso l’uso di tavoloni o altro mezzo equivalente”.

Ancora, di “aver omesso di controllare la corretta verticalità del trabattello con livello o pendolino, azione che si sarebbe resa necessaria dal momento che una o due ruote poggiavano su un asse di legno posizionata a copertura di una traccia presente in prossimità del punto di lavoro, che produceva, così, un dislivello dalla base dello stesso trabattello di circa tre centimetri non corretto da adeguati livellatori; di non aver attuato quanto previsto dal Piano Operativo di Sicurezza aziendale in relazione alla verifica su tutti questi elementi (in particolare, la presenza di parapetto, la verifica di verticalità con livello o pendolino, il livellamento coretto del piano di scorrimento, la verifica della stabilità del piano di appoggio e della regolare ripartizione del carico del ponte su ruote sul terreno)”; non ultimo, “di non essersi assicurato che i lavoratori utilizzassero i Dispositivi di Protezione Individuale idonei, in specie un dispositivo anticaduta collegato a una cintura di sicurezza che limitasse la caduta libera a non più di settanta centimetri, come peraltro previsto dal Pos”: Dpi che purtroppo Pantoni non indossava e che lo avrebbero salvato.

A conclusione delle indagini preliminari, il Sostituto Procuratore ha dunque chiesto il rinvio a giudizio per Pierantozzi, per il reato di omicidio colposo con la circostanza aggravante di averlo per l’appunto commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e si è arrivati all’udienza odierna in cui l’imputato, di fronte alle sue schiaccianti responsabilità, attraverso il proprio difensore, ha preferito patteggiare la pena.

I familiari della vittima, attraverso Studio3A-Valore S.p.A., che li ha assistiti fin da subito, erano già stati risarciti dalla compagnia di assicurazione dell’azienda, ma si aspettavano una risposta, un segnale anche dalla giustizia penale, che ora sono arrivati.

Caso seguito da:

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Mario Masciovecchio

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Categoria:

Infortuni sul Lavoro

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