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Ma tra interessi e spese legali si sfiorano i 100mila euro. Vittima del comprovato caso di mala sanità un sandonatese oggi 68enne. Dopo 13 anni il Tribunale di Venezia gli ha dato ragione riconoscendo l’esclusiva responsabilità agli errori dei medici dell’ospedale di Portogruaro
Doveva effettuare un intervento di routine all’anca ma è andato incontro a un autentico calvario: i medici hanno “sbagliato” l’operazione, è stato costretto a sostenerne un’altra correttiva molto invasiva, la protesi re-impiantata era difettosa e si è dovuto operare altre due volte, il tutto “costellato” da lunghi ricoveri e mesi di riabilitazione, che non gli hanno comunque evitato di rimediare una pesante invalidità permanente. Ma ora il malcapitato, che è stato seguito nel corso di tutta la sua lunga battaglia da Studio3A, dopo oltre 13 anni ha quanto meno ottenuto la soddisfazione di vedere riconosciute le proprie ragioni dal Tribunale, che ha condannato l’Ulss 4 del Veneto Orientale, ritenuta unica responsabile dei danni subiti dal paziente, a risarcirlo con una somma di 70mila euro che però, contando anche gli interessi e le spese legali e di lite, alla fine si aggirerà sui centomila euro.
Protagonista dell’amaro caso di mala sanità un oggi sessantottenne (all’epoca dei fatti aveva 55 anni) di San Donà di Piave che, affetto da “coxartrosi sinistra”, il lontano 2 luglio 2009 viene sottoposto nel reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Portogruaro a un intervento di artroprotesi dell’anca sinistra. Fin dall’immediato post-operatorio, tuttavia, il paziente lamenta un dolore persistente nella regione inguinale e sopra il femore che si accentua con il carico, e che rimane immutato nonostante la terapia riabilitativa effettuata.
L’uomo si rivolge quindi a un altro specialista e, dopo gli accertamenti strumentali, viene nuovamente operato, il 9 febbraio 2011, all’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Sant’Antonio di Padova, per un intervento di revisione dell’artroprotesi durante il quale viene rilevata la totale pretermotilità dello stelo protesico impiantato con la prima operazione, che viene quindi sostituito. Nuovo ciclo di riabilitazione, anche con ricovero nel reparto di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’ospedale Villa Salus, ma nell’ottobre 2013 il paziente avverte un dolore improvviso e acuto alla coscia sinistra che non riesce più a muovere: si reca al pronto soccorso del nosocomio di San Donà di Piave e le radiografie evidenziano la rottura del nuovo stelo protesico, rivelatosi poi difettoso.
L’oggi sessantottenne si rivolge quindi di nuovo agli ortopedici del Sant’Antonio di Padova, il 28 ottobre 2013 viene sottoposto a un ulteriore intervento di revisione con l’impianto di un terzo stelo protesico, ma per le difficoltà incontrate dai chirurghi nell’estrazione di quello precedente, ormai osteointegrato, gli devono eseguire una “finestra” nell’osso e richiuderlo con appositi cerchiaggi metallici, che gli saranno rimossi con una quarta operazione il 14 luglio 2014; in mezzo, ancora tanta riabilitazione all’anca pluri-operata, che però gli ha consentito di recuperare solo in parte: oggi il paziente lamenta costanti dolori all’anca sinistra che si accentuano quando cammina e deve stare in piedi per periodi prolungati, lamenta deficit di flessione, abduzione, intra ed extra rotazione, una dismetria in più di 2 cm dell’arto inferiore sinistro che gli comporta una deambulazione claudicante. Insomma, un’odissea infinita.
Il paziente, per essere quanto meno risarcito dei gravi pregiudizi patiti, attraverso l’area manager Veneto e responsabile della sede di San Donà, Riccardo Vizzi, si è quindi affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini che, dopo aver sottoposto tutta la documentazione clinica ai propri esperti ed aver accertato svariati profili di malpractice medica, ha quindi chiesto i danni alle Aziende sanitarie delle strutture ospedaliere coinvolte, che tuttavia non hanno mai riconosciuto alcuna responsabilità rimpallandosi la colpa tra loro.
Non è quindi rimasto che agire per le vie legali e nel 2016 è stata proposta una citazione in giudizio avanti il Tribunale di Venezia nei confronti dell’Ulss 4 Veneto Orientale, a cui fa capo l’ospedale di Portogruaro, e dell’Ulss 6 Euganea, sotto la quale rientra l’ospedale Sant’Antonio, che ha a sua volta chiamato in causa Lima Corporate, l’azienda produttrice dello stelo protesico difettoso. E finalmente, dopo più di 6 anni, il giudice dott.ssa Silvia Barison, il 13 settembre 2022 ha pubblicato la sentenza sulla scorta della consulenza tecnica medico legale affidata ai chirurghi dott. Davide Roncalli e dott. Paolo Segnana, giudicando esenti da responsabilità i sanitari patavini, ma ritenendo altresì che il danno derivato al paziente (per quanto da questo punto di vista avesse inciso più negativamente il secondo, necessario e giocoforza più invasivo intervento di revisione protesica), “va tutto ricondotto al primo erroneo intervento eseguito a Portogruaro” e ha quindi affermato “l’esclusiva responsabilità in capo all’Ulss 4”: i consulenti tecnici d’ufficio hanno espresso diverse censure sull’operato dei medici del nosocomio portogruarese, in particolare “l’impianto di uno stelo femorale retto sottodimensionato e poco affondato rispetto al canale femorale, seguito da mancata osteointegrazione e concomitante ingravescente sintomatologia dolorosa”.
L’Ulss 4 è stata pertanto condannata a rifondere al paziente la somma di 69.224 euro calcolati sulla base del riconoscimento di un’invalidità permanente del 15 per cento, di svariati mesi di invalidità temporanea, anche totale, del danno morale e delle spese mediche sostenute. Ma considerando anche gli interessi legali dall’ultimo intervento “incriminato” (dal 2014) al saldo, la rivalutazione monetaria, tutte le spese legali, di lite e delle consulenze tecniche, l’Azienda sanitaria dovrà sborsare una cifra di quasi centomila euro.
Caso seguito da:
Dott. Riccardo Vizzi
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